Troppi soldisenza senso del pudore
Ese la crisi economica, come speravano l'altra sera i raffinaticonduttori di Radiotre Suite, ci aiutasse davvero a fare un bel resetmentale, una pulizia di primavera, una revisione radicale della nostrascala di valori e di preferenze, delle abitudini che sembravanoscontate, dei consumi che ci parevano ormai fisiologici? Se davvero,come appare da un recente sondaggio, gli italiani avessero cominciato atagliare le spese al supermercato e le ricariche del telefonino ma noni soldi destinati alla cultura (dalla musica ai libri, dal cinema alteatro) sarebbe una bella notizia.
Il fatto è che la crisi, in generale, quando si traduce in unacontrazione del potere d'acquisto (come è stato verificato nell'ultimoanno anche in Trentino), induce a considerare in modo più attento glistili di vita nostri e quelli altrui, a fare confronti, a soppesare lecifre.
Non meraviglia dunque che gruppi di operai sull'orlo del licenziamentoabbiamo cominciato a sequestrare, in Francia, i supermanager titolaridi superstipendi e superliquidazioni: se c'è infatti qualcosa che lacrisi mondiale esplosa in America sta dimostrando – e Obama l'ha capitobenissimo – è che i cittadini occidentali possono benissimo sopportarel'idea che il capitalismo sia iniquo nei confronti del Sud povero delmondo, ma quando toccano con mano l'iniquità distributiva a livellointerno, il semplice fatto che la paga del direttore che licenzia siamille volte più alta del lavoratore licenziato, e così sia stata negliultimi vent'anni, permettendogli di accumulare ricchezza personalementre quella aziendale decresceva mettendo a repentaglio i posti dilavoro, be' allora anche il bravo cittadino neocapitalista nel suopiccolo, come le formiche, “s'incazza”.
“Vedeva gente riverita/ pensava a quei velluti e agli ori,/ pensava almagro giorno della sua gente attorno/ pensava un treno pieno disignori...”. Perché meravigliarsi se dovesse tornare a fiammeggiare,come nella “Locomotiva” gucciniana, la fiaccola dell'anarchia, laviolenza politica come risposta sempre deprecabile ma comprensibile,all'accumulo delle piccole e grandi ingiustizie?
È per questo che la politica istituzionale, dal berlusconismo al poterea Roma al dellaismo al potere a Trento, dovrebbe a sua volta resettarsinei suoi comportamenti e nei suoi parametri finanziari e non limitarsia stanziare poderosi pacchetti anti-crisi, perché la depressionegenerale rende acuto lo sguardo contestativo dei cittadini anche suidettagli, anche sulle “piccole” cose.
E qui la classe politica al potere non ha ancora capito l'urgenza diritrovare una misura (l’oraziana “est modus in rebus”, appunto) nellecose.
Che c'è una soglia del “troppo”, il cui disinvolto travalicare i cittadini fanno sempre più fatica ad accettare.
Che diecimila euro al mese per un consigliere provinciale sono troppi.
Chenon si possono dare troppi contributi per i costumi degli Schützen (aproposito, perché la passione privata non dovrebbe indurre il fierocappello piumato a comprarsi privatamente il cinturone, senza aspettarei soldi di Dellai, cioè i nostri, che pure avremmo altre passioni dafarci finanziare?).
Che sono troppi (nonostante il “largo consenso” raggiunto in consiglioprovinciale) i 400mila euro stanziati da Dellai per l'università deiFocolarini, con tutto il rispetto per le università e per i focolari.
Cheè troppo affidare una ricca consulenza a un dirigente provincialeappena collocato a riposo, che si aggiunge alla sua generosa pensione eporta la sua remunerazione a sestuplicare quella di un impiegato.
Che sono troppi i 750mila euro al mese che prende Kakà, anche se fa golbellissimi che dedica a Gesù. Che sono troppi comunque i soldi cheprenderebbe il suo compagno di squadra Gattuso, anche se davveroaccettasse il taglio di metà dei suoi 4 milioni e mezzo di ingaggionetto annuale.
Che è troppo il milione di euro che la televisione di Stato ha dato aBonolis, anche se resistere 5 serate a Sanremo, con quella musica, è unatto che sfiora l'eroismo.
Chesono comunque troppi i 14,5 milioni di imponibile dichiarati per il2008 dal presidente del consiglio (anche se sono un decimo del suoreddito 2007) sommando il mestiere del politico a quello di padrone diun bel pezzo di intrattenimento e informazione.
Ma se la politica non percepisce - neanche in questa stagione dimordente crisi - il confine del “troppo”, se non ritrova il “modus”, eil comune senso del pudore dei soldi che amministra, avrà persoun’occasione per affrontare il profondo deficit di credibilità che lescenografie scintillanti del consenso possono solo temporaneamentemascherare.