Il popolo dell’acquache cammina
Siamoacqua che cammina, dice Alex il profeta coi sandali, che dall’Anaunia èsceso nei bassi del rione Sanità di Napoli, dopo essersi inabissatonegli inferi di Korogocho, bidonville africana. L’acqua è la sua ultimalotta, ma non gli piace la parola “lotta”. L’acqua è il suo ultimogrido, allora. Privatizzarla è come privatizzare nostra madre:vendereste ai capitalisti la mamma? La provocazione zanotellianarisuona chiara e forte, come una cascata di montagna: non lo convincononeanche un po’ le argomentazioni manageriali, la distinzione - l’haribadita sull’Adige l’amministratore delegato di Dolomiti energia - tral’acqua bene pubblico, proprietà comune, e le reti di distribuzione chepossono essere meglio gestite dal privato. O dal pubblico- privato.
Privatizzare l’acqua è un crimine, ripete senza paura di fare ilmassimalista utopico il profeta con i sandali, invitato dal sindaco diRevò Walter Iori, sabato sera, in una palestra piena di gente: che loascolta senza un respiro mentre parla con gli occhi chiusi, e denunciaper la milionesima volta la follia del mondo. Smettete di bere l’acquaminerale imbottigliata, smettete di riempire il mondo di plastica,smettete di farvi sedurre dalla pubblicità, smettete di farvi governaredalle multinazionali, smettete di inquinare la terra, smettete dicredere alla vecchia politica, tornate a discutere nei consiglicomunali, mettete sopra ogni sorgente il cartello “Chi tocca muore”.Tornate nei boschi, riabbracciate gli alberi.
Seguace del falegname di Nazareth e del ragazzo di Assisi, Alessandroda Livo è innamorato di sorella acqua e non si spaventa davanti afratello lupo. Dice che i credenti, se ancora qualcuno esplora laBibbia di carta, hanno però disimparato a leggere la prima Bibbia, ilCreato. Siamo acqua che cammina, ma non lo sappiamo più. Siamo aria eterra ma le consumiamo e le sprechiamo come se non ci appartenesseropiù.
Steven Solomon, un esperto di “mercato dell’acqua”, ci ricorda che iprimi tribunali delle acque come bene collettivo appartenente allacomunità, in Olanda e a Valencia, precedettero di secoli le stesseistituzioni democratiche, e che la sfida cruciale della ricostruzionedi Haiti sarà l’accesso all’acqua potabile, che già prima del terremotoera negato a metà della popolazione. Pensare che quando il genoveseColombo sbarcò a Hispaniola, cinque secoli fa, l’isola gli si presentòlussureggiante di foreste che “toccavano il cielo”. Ne è rimasto oggiun 2% del territorio, svenato per l’export di legname e per lepiantagioni di canna da zucchero.
Ma siamo acqua che cammina, come testimoniano le incredibiliresurrezioni di uomini e donne di Haiti dopo più di una settimana sottole macerie: senza pane e senza acqua, hanno trovato dentro se stessi ilserbatoio segreto della sopravvivenza. E vedere quella donna di Haitiappena tirata fuori dal disastro, imbiancata di calcinacci, a bracciaspalancate, vederla trovare la forza di cantare e ringraziare il cielo,è la più potente canzone di vita che abbiamo mai ascoltato. Perchésiamo acqua che cammina e canta.
E invece guardiamoci allo specchio, noi non terremotati fuori, ma pienidi macerie dentro, con le nostre facce un po’ così, con la malattia divivere scolpita nelle pieghe del volto: dead men walking, come icondannati a morte, morti che camminano. Sepolcri imbiancati, diceva unaltro profeta. Viventi solo grazie alle flebo di facebook eall’ossigeno dei cellulari, ammutoliti dalla rassegnazione al Sistemache mercifica l’acqua e noi stessi, immemori delle nostre radici,proiettati su un tecnofuturo che è la condanna per avere prosciugato ilpassato e inaridito il presente.
Eppure siamo acqua che cammina, come ci ricorda la sorella nostra diHaiti, che - riemersa a bere aria, luce e il primo sorso - canta laforza inesorabile della vita: nell’acqua che balla in un ventre caldosiamo nati, terra torneremo in attesa di un altro cielo, ma intanto ilsangue di nostra madre terra sono le vene d’acqua che nessuno hadiritto di considerare sue. Se non il popolo degli umani, natidall’acqua delle donne d’acqua, che ci hanno insegnato a camminare e acantare.