Bentornato e laudato si',fratello lince

di Paolo Ghezzi - NO

Èbello scoprire che fratello lince (è un giovane maschio) abbia scelto iboschi sopra Molveno, sotto le cime scolpite del Brenta, uno deipaesaggi più belli del Trentino, per lasciarsi catturare, narcotizzare,accarezzare e radiocollarare dagli amorevoli forestali. Un secolo dopol'ultimo avvistamento, la lince torna tra noi – dopo una lunga marciadalla Svizzera – a certificare che, nonostante lo smog glianticrittogamici i lunghi serpenti di macchine il nostro casino e lanostra sguaiatezza di umani abitanti nel fondovalle, questa montagna èancora frequentabile, addirittura abitabile dai fratelli orsi e dallesorelle orse (che si amano e figliano e rinsanguano la specie), dallesorelle linci e forse anche dai fratelli lupi.
Così almeno appare agli occhi post-moderni di chi non ha più pauradella natura e romanticizza le sue creature. Certo, quel santo matto diFrancesco già parlava al lupo, ma era appunto considerato un folle, siapure di Dio. Perché in realtà il Medioevo è popolato di allegoriebestiali e di animali terrificanti. “Occhio di lince” è un'espressioneproverbiale sopravvissuta miracolosamente fino a noi – grazie anche aifilm sui pellerossa e ai nomi delle agenzie investigative – ma inrealtà allude alla soprannaturale capacità dell'animale di vedereattraverso i muri: e dunque nel Medioevo la lince era simbolo deldiavolo, di una demoniaca forza di penetrazione visiva. Non sono forseinquietanti gli occhi dei felini (compresi i gatti di casa) quando ciguardano negli occhi?
E non è un caso che sia lei, la “lonza” (che però poteva essere ancheuna pantera o un leopardo), a pararsi davanti a Dante, nella selvaoscura, prima del leone e del lupo, nell'anticamera del suo viaggioall'inferno, prima che Virgilio gli venga in soccorso. Lonza, figuradell'invidia o della lussuria ed emblema di Firenze, nell'allegoriadell'Alighieri. Eppure Dante, che ne ha paura, resta colpito dalla suaprensile bellezza: “leggiera e presta molto”, “di pel maculato eracoperta”. “Leggiera e presta molto”, come l'abbiamo vista balzare edileguarsi nel territorio olimpico di Vancouver (giochi insanguinatidal volo assurdo di un giovane slittinista, subito inghiottito dallaferocia degli organizzatori umani, perché lo spettacolo devenaturalmente continuare).
E siccome il buio degli inferi non l'ha ancora inghiottito e c'è ancoraun po' di luce all'orizzonte, il Poeta (che uno scriteriato programmatv sull'italiano più grande ha eliminato a vantaggio della poetessaLaura Pausini) sa vedere, nonostante la paura della  belva, “di quellafera la gaietta pelle”.
Se la parola latina “lynx” e l'antica tedesca “luhs” sono davveroimparentate con la  “lux” e con la “Licht” per via dell'acutissimavista del felino o magari (vocabolario etimologico di OttorinoPianigiani) con il bagliore luminoso dei suoi occhi, si capisce alloracome – accantonati i simbolismi diabolici – l'Accademia dei Lincei dalei abbia preso il nome, per significare l'acutezza di sguardo chedovrebbe contraddistinguere lo scienziato e l'uomo di cultura.
E allora, il ritorno della lince, oggi, è un cattivo presagio odorosodi zolfo o un annuncio di tempi nuovi, in cui gli animali feroci nonsono più sterminati dalla fame e dalla ferocia e dalla distruttivitàumana, e dunque possono permettersi di riaffacciarsi sui nostrisentieri? Così avrebbe scritto, penso, l'indimenticabile “fratellodegli orsi” Ruben Frizzera. Chissà  che cosa ne direbbe Lia Guardini,sorella dei gatti. 
Ci piacerebbe pensare – intanto – che l'apparizione della lince ciinviti in realtà a tenere gli occhi aperti e a vigilare, in tempi distordimento e oscurità, di poteri miopi e di vigilanti accecati, in cuila corruzione è mascherata da filantropia, e la propaganda annebbia icervelli, e la menzogna vela gli sguardi, e l'ipocrisia conduce ledanze.
Laudata si' sorella lince, laudato si' fratello lince, che vieni da lontano, e lontano sai guardare.      

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