Quando il servizio pubblicolascia il posto al mercato

di Renzo Moser

L’Adsl non arriva dappertutto; non arriva, in particolare, nelle zone più periferiche del Trentino, nelle valli, in montagna: territori che pagano un prezzo pesante al cosiddetto «digital divide», il divario digitale. Spesso non arriva nemmeno il telefono, se non a costo di estenuanti battaglie.
Le Poste tagliano uffici e servizi: orari ridotti, giorni di apertura a singhiozzo, prodotti postali offerti solo in alcuni uffici e dimenticati in altri, il tutto in nome di quello che ormai è si sta sempre più configurando come il vero «core business» della società, il credito, la raccolta del risparmio.
Le Ferrovie eliminano corse e treni, umiliano una delle dorsali più importanti per il collegamento dell’Italia con il Brennero, isolando di fatto un’intera regione dal resto del Paese e dalla capitale. Tanto siamo periferici, lontani e piccoli. L’importante è avere treni veloci tra Roma e Milano.
Non voglio nemmeno pensare a cosa succederebbe con la gestione privata dell’acqua.
Tutto questo può essere letto da due punti di vista. Quello di società finalmente efficienti, lontane dai carrozzoni di una volta, capaci di fare utili e ricavare guadagni da attività che un tempo erano sempre in rosso. Perché mai una società telefonica dovrebbe portare l’Adsl in un paesino di montagna? Molto meglio concentrarsi sulle concentrazioni urbani, dove, spendendo meno, si raggiungono molti più potenziali clienti. I quali possono scegliere tra le offerte migliori e più convenienti, mentre c'è chi, al contrario, proprio non può scegliere. E questo vale per tutte le reti.
Poi c’è il punto di vista di noi cittadini utenti, e in particolare di coloro che vivono ai margini delle dorsali di rete più importanti. Per noi avere l’Adsl, un treno per Roma, servizi postali puntuali è un’altra questione, è una questione di servizio pubblico. Che oggi ha lasciato il posto al mercato. Confessiamolo, però: un po’ di nostalgia per quei vecchi carrozzoni, ce l’abbiamo tutti.

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