Sport e società, declino senza fine
"Ci vuole un po' di dignità, un po' di anima cazzo. Nessuno che fa un un salto, un fallo con quella palla lì. Facciamo a cazzotti almeno. Ma che cazzo avete dentro?".
Lo sfogo del coach della nazionale di basket Simone Pianigiani (vedi sotto, ndr) durante il time out nell'ultima partita del'Europeo contro Israele, con l'Italia sotto di 21 punti, fotografa impietosamente non solo la situazione della pallacanestro azzurra ma quello di tutto lo sport nazionale.
Proviamo a riepilogare: nel basket Italia fuori dalle Olimpiadi di Londra dopo aver vinto una sola partita su cinque nell'Europeo; nell'atletica una medaglia di bronzo ai Mondiali di Daegu (peggio di Botswana, Grenada e SaintKittsNevis) e cinque soli azzurri fra i primi otto classificati nella propria gara; nel ciclismo non vinciamo una classica da anni e Vincenzo Nibali, che doveva salvare la stagione, si sta sciogliendo sulle assolate montagne spagnole della Vuelta; nel calcio i legni ci salvano da un pari contro i dilettanti delle isole Far Oer mentre Udinese, Roma e Palermo sono già fuori dalle competizioni europee ancor prima che inizi il nostro campionato bloccato da uno sciopero dei giocatori; nelle moto si rimane appesi alla speranza che i vecchietti Biaggi e Rossi risorgano mentre nelle classi minori, in passato di conquista dei giovani italiani, l'azzurro è un colore stinto; in Formula 1 neanche Sant'Alonso da Oviedo riesce a fare i miracoli sulla Ferrari; nella canoa viviamo sulle imprese della quarantaseienne Josefa Idem. Potremmo continuare, ma può bastare così.
Il declino è inarrestabile e non può essere altrimenti. Lo sport è la metafora della vita, lo specchio dello stato di salute di una società. E il nostro, ahimè, è un popolo che non ha più voglia di lottare, di sacrificarsi, di inseguire un ideale, di lasciare da parte gli individualismi per lavorare in gruppo. Per risalire la china, bisogna ripartire da zero. Serviranno anni, nello sport come nel Paese. Senza essere sicuri di riuscirci.
Lo sfogo del coach della nazionale di basket Simone Pianigiani (vedi sotto, ndr) durante il time out nell'ultima partita del'Europeo contro Israele, con l'Italia sotto di 21 punti, fotografa impietosamente non solo la situazione della pallacanestro azzurra ma quello di tutto lo sport nazionale.
Proviamo a riepilogare: nel basket Italia fuori dalle Olimpiadi di Londra dopo aver vinto una sola partita su cinque nell'Europeo; nell'atletica una medaglia di bronzo ai Mondiali di Daegu (peggio di Botswana, Grenada e SaintKittsNevis) e cinque soli azzurri fra i primi otto classificati nella propria gara; nel ciclismo non vinciamo una classica da anni e Vincenzo Nibali, che doveva salvare la stagione, si sta sciogliendo sulle assolate montagne spagnole della Vuelta; nel calcio i legni ci salvano da un pari contro i dilettanti delle isole Far Oer mentre Udinese, Roma e Palermo sono già fuori dalle competizioni europee ancor prima che inizi il nostro campionato bloccato da uno sciopero dei giocatori; nelle moto si rimane appesi alla speranza che i vecchietti Biaggi e Rossi risorgano mentre nelle classi minori, in passato di conquista dei giovani italiani, l'azzurro è un colore stinto; in Formula 1 neanche Sant'Alonso da Oviedo riesce a fare i miracoli sulla Ferrari; nella canoa viviamo sulle imprese della quarantaseienne Josefa Idem. Potremmo continuare, ma può bastare così.
Il declino è inarrestabile e non può essere altrimenti. Lo sport è la metafora della vita, lo specchio dello stato di salute di una società. E il nostro, ahimè, è un popolo che non ha più voglia di lottare, di sacrificarsi, di inseguire un ideale, di lasciare da parte gli individualismi per lavorare in gruppo. Per risalire la china, bisogna ripartire da zero. Serviranno anni, nello sport come nel Paese. Senza essere sicuri di riuscirci.