La felicità a km zero
Lui è lì, davanti a me, in silenzioE tutto acquista un diverso significato
Un fruscio, alzo gli occhi e l'animale è lì, fermo, mi guarda. È splendido, gli occhi fissi, il mantello marrone, la sagoma quasi perfetta, le piccole corna all'indietro. Istintivamente cerco la macchina fotografica, quella piccola, che porto sempre con me, ma ricordo che all'ultimo momento avevo deciso di lasciarla sul tavolo della cucina... Una sgambata di corsa, si dice così, vado a fare una sgambata tanto per muovermi un poco, un paio d'ore al massimo, tra le udienze dei figli e la spesa, tra un versamento alle poste, le cose da stirare, un articolo da finire, e l'intervista da fare...
Due ore rubate per guardarsi intorno e respirare l'aria del cambio di stagione, non dover dar conto a niente e a nessuno se non alla fatica, quella giusta, che ti fa usare l' energia repressa, cacciata a fatica tra le pieghe della quotidianità. Il silenzio, quello vero, fatto di fruscii e vento leggero, di foglie stanche e cieli in movimento. E i pensieri che vanno e vengono, ma che non devi stare a cercare, perché al bosco non importa assolutamente nulla se sei figa o intelligente, alta o bassa o povera o ricca, o hai successo nel lavoro o sei ai margini delle strategie aziendali, se sei una brava madre o solamente una persona un po' stanca.
E cammini, un tracciato conosciuto, a dieci minuti di macchina da casa. Ogni volta ti ripeti, basta usare l'auto, quel tragitto posso farlo a piedi e uscire di casa così come sono, sarebbe un'esperienza ancora più completa, ma poi le ore sono solo due, una e mezzo per salire, quaranta minuti per scendere, e allora è un peccato sprecare tempo per camminare sull'asfalto, con a fianco le auto che corrono, sempre corrono con impazienza, sempre. Meglio parcheggiare vicino al bar della piazzetta d'Oltrecastello, uno sguardo alla chiesa, così brutta che fa stringere il cuore, vista di profilo sembra la stazione a monte di una funivia anni Settanta, mancano solo i cavi che portano le anime verso l'infinito e oltre.
Si passa accanto ad una vecchia casa da tempo in vendita, molto bella e vecchia e pesante, ingentilita da divagazioni barocche, una casa piena di storie. Poi si cammina a fianco d vigne pregiate, vendemmiavano solo qualche settimana fa. E si va su, con ritmo. Macchie di sole tra le radure, silenzio, foglie, odori.
In cima al Celva c'è un pianoro e due panche. E lui. Mi ero riposata e stavo riprendendo la discesa, due ore è il mio tempo, e lo vedo. Mi accuccio lentamente e sto ferma, respiro appena.
Un camoscio maschio in livrea autunnale. Non mi teme. Anzi, dopo un attimo di calcolato disinteresse, china la testa di lato, e fa due passi avanti, solo due, ma che a me sembrano una lunghissima dichiarazione di amore, accettazione, neutralità, che è il massimo a cui possa aspirare.
Sorrido in silenzio, mai come adesso questo è un valore tangibile, essenziale. Sorrido perché ripenso a tutte le camminate in Dolomiti, a cercare animali, giornate intere senza vederne uno, e poi improvvisamente eccolo lì, lui, proprio quando meno me l'aspettavo e quasi dietro al giardino di casa. C'è un termine inglese, serendipity, che racconta proprio della gioia e dell'importanza delle scoperte casuali: una felicità ancora più profonda perché inaspettata, più leggera perché non cercata. Da chiudere nel cuore in questo autunno di foglie e noci bagnate, di colori vivi e buio incombente, di stagioni che s'allontanano in punta di piedi. Riprendo il filo dei miei pensieri e il camoscio é sparito. Qualche rumore di zoccoli, appena.