Il Fatto e i finanziamenti

Libero svela che ha chiesto aiuti governativi per la carta. Dopo due settimane nessuna smentita. La coerenza è una linea difficile da coltivare, anche per Santoro che chiese dieci euro al pubblico per fare una tv diversa e poi se ne va su La7...

di Fabrizio Franchi

 

Ho atteso giorni, invano. Speravo in una smentita, cifre alle mano, dati veri. Nulla. Dopo giorni devo ammettere che Libero ha colpito con durezza, ma nel vivo, svelando che anche il Fatto quotidiano ha chiesto finanziamenti pubblici.

Con un articolo firmato con un nom de plume, Fosca Bincher, il vicedirettore di Libero, Franco Bechis, ha rivelato che in una relazione di Giorgio Poidomani, allora presidente del consiglio d’amministazione della società che edita il Fatto di Travaglio e Padellaro, il quotidiano nei primi tre mesi del 2012 ha subito un forte calo di vendite (si dice da 71 mila a 52 mila). La cosa più imbarazzante per il Fatto è che Poidomani ha chiesto al governo Monti un finanziamento pubblico di 162.000 euro in base alla legge 220 del 2010, varata dal governo Berlusconi che riconosce a domanda delle imprese editoriali interessate un credito di imposta del 10% sulla carta acquistata e utilizzata. E poiché è stato deciso un fondo bloccato, il Fatto, avanzando domanda in tempo, si garantirà quei soldi a scapito di altri. Il giornale finora aveva sotto la testata la scritta: “Non riceve alcun finanziamento pubblico”.

Ho aspettato giorni una smentita da parte di Marco Travaglio. Finora nessuno ha parlato. Nemmeno sul sito, tra i tanti blog che discettano di media. 

Ora, il problema non è che il Fatto ricorra ai finanziamenti pubblici. Personalmente non apprezzo le campagne alla Grillo perché l’informazione è un bene sociale e in tutto il mondo i governi democratici si pongono il problema di come aiutare la stampa e i mezzi di comunicazione, anche se all’interno di regole precise e non come è successo nel nostro Paese dove milioni di euro sono finiti nelle casse di testate inesistenti. Ma questo è un altro problema. La questione qui è che dopo anni di campagne martellanti contro il finanziamento pubblico vi si vuole accedere perché si è in difficoltà. Forse, a volte un po’ di umiltà basterebbe. Oppure, più semplicemente, spiegare che cosa sta succedendo, visto che un altro degli slogan del Fatto è “quello che gli altri non dicono”. 

La coerenza è una linea difficile da seguire. Così come la memoria è difficile da coltivare. Ricordate Michele Santoro che in ottobre aveva chiesto i dieci euro per coltivare il progetto di una tv alternativa? Migliaia hanno versato i dieci euro. E lui, Michele, se ne è andato con un ricco contratto a La7. Nulla di male. 

A me non dà fastidio che faccia un programma su una grande tv, ma che insista sulla demagogia, raccontando a tanti che ci credono che c’è il “regime” e per questo bisognava affrancarsi dalle grandi reti tv.

comments powered by Disqus