Baby pensioni e cause del debito pubblico
Il pesantissimo debito pubblico italiano, che costringe oggi il Paese a fare sacrifici enormi per il risanamento, ha tanti padri e cause molteplici. Sicuramente la corruzione di politici e amministratori, l'evasione fiscale di furboni e furbetti, i contributi a fondo perduto, la moltiplicazioni di enti improduttivi e il signoraggio bancario
C aro direttore, la fallacia della causalità semplificata è purtroppo una delle procedure argomentative più frequenti e subdole, perché distorce la percezione della realtà e ne impedisce la conoscenza effettiva, con la conseguente attivazione e giustificazione di condotte ingiuste e addirittura criminali. Chi sostiene l'esistenza di un'unica causa o causa esemplare di un fenomeno che obiettivamente ha una complessa molteplicità di fattori causali, commette la fallacia della causalità semplificata, che corrisponde quasi automaticamente all'individuazione di un capro espiatorio del fenomeno considerato. Un esempio: indicare la causa principale o esemplare del debito pubblico odierno nelle pensioni baby concesse negli anni '70 e '80 del secolo scorso, come oggi accade troppo spesso nel chiacchiericcio davvero stantio che certa stampa diffonde su cose molto serie, significa di fatto dimenticare o trascurare tutte le altre cause che hanno contribuito obiettivamente alla crescita della zavorra di tal debito: falsi invalidi, stipendi e pensioni d'oro, corruzione a tutti i livelli della pubblica amministrazione, evasione fiscale gigantesca, esportazione di capitali, sostegno statale alle imprese in apparente difficoltà, i contributi a fondo perduto distolti dal fine per cui erano stati elargiti, il signoraggio bancario (il cui meccanismo è tanto banale quanto incredibile, nonché sconosciuto ai più), la moltiplicazione di enti improduttivi, la diffusione di un abito mentale di propensione a indebitarsi a livello individuale e collettivo, ma l'elenco potrebbe continuare. Alla fine, la fallacia della causalità semplificata porta inevitabilmente all'individuazione di un capro espiatorio. Il passaggio dalla categoria all'individuo è facilissimo, a questo punto: se il mio vicino di casa è un baby pensionato perché non dovrei odiarlo?
Claudio Tugnoli - S.Rocco di Trento
Il pesantissimo debito pubblico italiano, che costringe oggi il Paese a fare sacrifici enormi per il risanamento, ha tanti padri e cause molteplici. Sicuramente la corruzione di politici e amministratori, l'evasione fiscale di furboni e furbetti, i contributi a fondo perduto, la moltiplicazioni di enti improduttivi e il signoraggio bancario.
Fra i vari fattori che ci portano a dover onorare un debito di 2.000 miliardi di euro ci sono anche le pensioni baby, cioè la follia con cui il legislatore italiano per facile demagogia elettorale irresponsabilmente ha introdotto le pensioni d'anzianità.
Che non sono poi una pagliuzza nell'ammontare del debito.
Varate nel dicembre 1973, le pensioni baby in quarant'anni di esistenza ci sono costate quasi 150 miliardi di euro, secondo i calcoli di Confartigianato (148,6 miliardi). Qualcosa come almeno tre finanziarie lacrime e sangue, che sono servite per creare un'enorme discriminazione fra italiani. Chi, infatti, ha usufruito della pensione d'anzianità, ha ricevuto un trattamento pensionistico più lungo di sedici anni rispetto al pensionato medio italiano. Cioè ha lavorato 16 anni di meno degli altri, versando 16 anni in meno di contributi, e percependo pensioni a spese degli altri italiani per 16 anni di più.
Non si tratta di additare nessuno a capro espiatorio se oggi dobbiamo versare più del 50% del nostro reddito in tasse, senza nemmeno riuscire ad intaccare questo debito, che continua a lievitare e a moltiplicarsi a dismisura (perché il debito genera altro debito, e quelle pensioni degli anni Settanta hanno generato oltre al debito anche milioni di euro di interessi che abbiamo dovuto pagare). Solo ricordare che quell'enorme montagna di debiti non è nata esclusivamente perché cattivi amministratori hanno preso esecrabili tangenti. Ma anche perché tanti comuni italiani, dipendenti pubblici, sono andati in pensione dopo 14 anni sei mesi e un giorno se donne con prole, 19 anni sei mesi e un giorno se uomini, 24 anni se mesi e un giorno se dipendenti degli enti locali. E così pure molti anche del settore privato sono andati in quiescenza prima di quanto i loro contributi versati avrebbero consentito.
Pur con tutte le colpe (in gran parte meritate) della casta, i circa 180.000 eletti del sistema politico-istituzionale italiano costano ogni anno ai contribuenti la cifra di 4 miliardi di euro, che è meno della metà di quanto costano - e gravano sui contribuenti - i baby pensionati. Per il loro mantenimento il sistema pensionistico esborsa annualmente 9 miliardi e mezzo. Ed è questo uno dei motivi per cui l'età pensionabile è stata elevata a 67 anni.
Non c'è da odiare nessuno, quindi. Ma renderci conto che il debito pubblico in Italia non è cresciuto sempre e solo per colpa degli altri, ma molto spesso anche con il nostro piccolo, grande contributo.
p.giovanetti@ladige.it