Lo sport nazionale: disprezzarsi
Giornalisti incoerenti che disprezzano il Paese quando un atleta va male per poi esaltarsi quando si vince, mentre anche i tecnici da divano vogliono dipingere questa Italia continuamente come se fosse peggio delle altre Nazioni
Parliamo di giochi olimpici. Con una premessa obbligata su Alex Schwazer: non ho condiviso molto di quello che ho letto della vicenda doping. Schwazer è stato l'unico di quelli sorpresi dai controlli ad ammettere le sue responsabilità e questo glielo dobbiamo riconoscere. Ma Schwazer ha sbagliato. Punto. Tutto il resto sono aria ai denti data da chi non ha mai fatto sport, non ha conosciuto la sofferenza, l'alienazione, la fatica, il dolore, la solitudine di chi fa sport individuali e dal divano di casa commenta come fosse un tecnico da nazionale. A Schwazer bisogna volere bene come a un figlio di grande maturità. Il suo gesto lo apprezzeremo tra qualche anno, di fronte a ciclisti che inventano scuse patetiche su caramelle sbagliate regalate da parenti, medicine date da un amico e via fantasticando. Ma a Schwazer bisogna volere bene come a quel figlio che vorresti che non si drogasse mai, non si ubriacasse mai, non facesse mai sbagli. Ma quando commette un errore lo punisci, pur continuando ad amarlo. Per lui non vuoi che vinca una medaglia olimpica, ma che sia felice. Ecco, speriamo che ora Schwazer sia felice, sapendo che non vincerà una medaglia.
Ma è la mia categoria che voglio mettere in evidenza e non tanto sul caso Schwazer, su cui bisogna dire la verità, ci sono stati più luoghi comuni e sciorinato uno sciocchezzaio continuo su social network e siti sportivi da parte di navigatori che non di giornalisti.
No, i giornalisti si sono dimostrati fallaci nella tensione continua di volersi dimostrare Nostradamus del 21 secolo. Sono partiti per Londra con previsioni disastrose, discorrendo sul fallimento a cui saremmo andati incontro. Poi, dopo le prime medaglie e gli entusiasmi, sono arrivate le delusioni per come andavano alcuni sport, quelli più importanti: il nuoto, la pallavolo, la pallanuoto. E allora giù con i commenti parasociologici: "non sappiamo più vincere negli sport di massa", "ormai prendiamo medaglie solo negli sport di nicchia" e via discorrendo.
Poi, toh, ecco le vittorie nel volley e nella pallanuoto (e volutamente scrivo adesso prima della semifinale) e torniamo grandi. La retorica si spreca: "Ci sappiamo sacrificare, sappiamo fare squadra" e avanti con la retorica.
Ora, capisco che sia difficile scrivere tutti i giorni da Londra e usare sempre toni aulici. Ma almeno la coerenza sì. E in questo, quasi, tutta la carta stampata ci è cascata. Meno, molto meno i telecronisti di Sky, molto più british e coerenti nella narrazione. Lasciamo perdere la Rai che o fa la tifosa o racconta luoghi comuni. Chi vuole una conferma sulla incoerenza vada a vedersi le raccolte soprattutto di Corriere e Repubblica, con alcuni tromboni che passano indifferentemente dalle cronache su Obama ai muscoli di Bolt e alle capacità di Jessica Rossi. Non tutti. Ci sono anche le lodevoli eccezioni come Beppe Severgnini.
Meglio sarebbe però una certa coerenza. E sarebbe meglio non giocare a fare gli indovini, ma fare i giornalisti. E evitare questi toni da piagnoni sull'Italia. A ogni spedizione olimpica si canta il de profundis. Da decenni. Poi, da decenni ci troviamo lassù in alto nel medagliere, tra le prime 10-15 nazioni del mondo. E continuiamo a ripeterci che siamo un popolo di sedentari, quando ormai anche i sessantenni vanno a giocare a calcetto con gli amici tutte le settimane. E ci raccontiamo un sacco di bufale sugli altri Paesi, come se fossero il Paese dei superman e degli sportivi. Basterebbe, per smentire queste chiacchiere da bar, guardare l'obesità di inglesi e americani. Ma siamo fatti così: ci indigniamo per un atleta che non ce la fa a entrare in finale nel mezzofondo e poi ci esaltiamo se uno sconosciuto vince una medaglia.
Via, coerenza e sobrietà. E cominceremo tutti a essere più seri. Poi c'è Grillo che riversa il suo odio edipico nei confronti della madre Italia, ma quello ha smesso di essere serio da quando non fa più il comico.