I partiti, la protesta e l'incognita Grillo
Caro direttore, vorrei convincere coloro affermano che alle prossime elezioni non vogliono più votare o voteranno scheda bianca (che poi sarà usata da qualche scrutatore disonesto) e sono troppi, più del 36%: un grande partito e vorrei che scendessero in campo almeno con il voto.
È vero, i nostri politici si stanno ripresentando con il cambio di qualche simbolo, qualche nome e cercando di apparire rinnovati usando alcuni vocaboli nuovi, magari in lingua straniera come usa la moda, così, purtroppo senza sentire alcun bisogno di fare autocritica, senza decisioni urgenti importanti che ormai non serve più qui elencare, provvedimenti da prendere immediatamente e in aggiunta pure un appoggio dato, con estremo mal di pancia e continui limiti, al governo tecnico in carica (che, seppur con inevitabili errori, cerca di aggiustare il più rapidamente possibile la situazione resa molto scadente e ingarbugliata del nostro paese): tutto ciò è verissimo, è indecoroso, è sconvolgente, ma se troppi elettori anche se arrabbiati scelgono il vegetare da robot nulla potrà cambiare.
Negli ultimi anni è cresciuta la consapevolezza che tutti siamo coinvolti sempre e in ogni momento in ciò che accade (non solo a casa nostra, ma nel pianeta sul quale viviamo e sicuramente anche oltre) e a differenza del passato alle prossime elezioni, per la prima volta, ci verranno offerte alcune novità.
Sono soprattutto i giovani che si stanno muovendo, non per fare rivoluzioni inutili, ma per cercare di prendere in mano la situazione e, alla peggio, essere almeno presenti nelle istituzioni.
C'è il Movimento 5Stelle (attualmente in stress organizzativo da troppa rapidità di crescita), c'è il sindaco di Firenze Matteo Renzi (il nostro Tony Blair) che rottamando tutto ha superato le divisioni destra e sinistra, con intelligente e avanzata visione per la soluzione di ogni problema usando pragmatismo e giustizia, senza pericolose teorie dirigiste di destra e sinistra (non sarebbe tempo di smettere di giocare a Guelfi e Ghibellini?).
Nei prossimi mesi saranno in arrivo altre novità, parecchie le persone che si metteranno in gioco e quasi tutte per almeno ottenere che gran parte dei politici da decenni al potere se ne vada, come capita a tutti, in pensione.
Non è assolutamente vero che non cambia mai niente, tutto cambia se lo vogliamo e niente si rinnova se insistiamo a vivere da robot!
Mario Rigoni - Trento
Il disorientamento generale di tantissimi cittadini nei confronti della politica, e la rabbia di fronte ad una classe dirigente «politica» che non è stata assolutamente all'altezza del compito tanto da costringere a chiamare in campo «i tecnici», sono oggi fortissimi nel Paese.
L'arroccamento dei partiti tradizionali in se stessi, nella salvaguardia dei propri privilegi, nell'autoperpetuarsi anche dopo conclamati fallimenti come quelli che abbiamo visto drammaticamente in quest'ultima legislatura, non favoriscono certo la voglia di andare a votare. Per lo meno di votare gli stessi che ci hanno portato al disastro.
Se la protesta dei cittadini è pertanto la reazione ovvia a tale stato di cose e va tenuta presente con grande attenzione, sfruttarla elettoralmente per guadagnare voti o - addirittura - aizzarla e fomentarla facendola diventare un programma politico, può essere devastante per gli italiani e per il futuro del Paese.
I movimenti nati sull'onda della protesta popolare, come il 5 Stelle di Grillo, ma anche spezzoni della vecchia politica rimbellettati ad alfieri del «nuovo» solo perché hanno ripreso ad urlare e a mestare scontento (da Di Pietro alla sinistra estremista, alla Lega), possono essere uno sfogo alla rabbia, ma certamente non sono in grado di curare l'Italia dai suoi mali.
Il prossimo Parlamento, infatti, non avrà il compito di gridare, sventolare bandiere, aizzare manifestazioni di piazza, scioperi generali, scontri magistratura-politica, o invocare lavacri purificatori in cui bruciare tutto l'esistente. Sarebbe solo la fase terminale della malattia mortale che ha colpito l'Italia.
Il prossimo Parlamento avrà il compito di guidare il Paese fuori dalla crisi continuando la strada del risanamento imboccata in questi mesi dal governo tecnico, che ha ridato credibilità all'Italia nel contesto internazionale, ha rilanciato l'Europa oltre le divisioni e gli egoismi nazionali che sono causa prima degli attacchi speculativi, ha avviato un serio e coraggioso programma di riforme che ora va portato avanti, implementato, attuato ai fini di far ripartire i motori e la crescita del Paese, da almeno due decenni bloccati.
Votare i movimenti di protesta potrà essere gratificante, liberatorio, vendicativo, e anche magari mettere la coscienza in pace, ma non risolve i problemi profondi degli italiani. Perché nel 2013 bisognerà rimboccarsi le maniche e ricostruire, non continuare ad abbattere, anche perché di macerie sul terreno ne abbiamo fin troppe.
Quanto poi alle prospettive politiche dei nuovi movimenti, a cominciare da Grillo, è tutta un'incognita, dato le caratteristiche autoritarie e non democratiche dell'organizzazione che, come s'è visto in questi giorni, fa capo ad un guru, Casaleggio, che ha pianificato a tavolino un fenomeno multimediale, controllandolo in prima persona ed espellendo o tagliando fuori tutti i non allineati». Una prospettiva da Grande Fratello, in cui non si capisce chi prende le decisioni e quale linea politica adotta, perché è decisa quotidianamente in base agli umori della rete, spesso eterodiretti proprio dal santone.
Uscendo da un ventennio di populismo televisivo, dove la politica si basava sul sondaggio quotidiano senza mai prendersi una responsabilità ed effettuare una scelta, il rischio è di cadere dalla padella alla brace. Cioè di trovarci di fronte ad un nuovo fenomeno da baraccone, dove è cambiato solo il comico, ma la sostanza non cambia: un drammatico vuoto pneumatico.
p.giovanetti@ladige.it