Sallusti non è un soldato da salvare

La galera non la deve fare nessuno, ma il giornalismo vero non è libertà di insultare e diffamare.

di Fabrizio Franchi

Salvare il soldato Sallusti? No grazie. Il mondo del giornalismo italiano in larga parte si è stracciato le vesti per la condanna al carcere del direttore del Giornale. In tutta franchezza mi è sembrata una solidarietà pelosa.

Nessuno vuole che un giornalista finisca in cella per il suo lavoro e quindi non è giusto che nemmeno il portavoce e portaborse di Berlusconi e Santanchè debba assaggiare il tavolaccio e il sole a quadretti. Però qui si è persa una occasione colossale per ragionare sul giornalismo, i suoi limiti, i suoi poteri e le sue infamie, le sue derive. L'articolo incriminato, come ormai tutti sanno, fu scritto da Renato Farina con lo pseudonimo di Dreyfus, l'ufficiale francese ebreo condannato nel 1895 per spionaggio e la cui reputazione fu fondamentalmente salvata da Emile Zola con il famoso e straordinario “J'accuse!”. Ora, ci sono tanti e tali rimandi da cui Farina è affascinato, ma che turbano non poco e probabilmente le spoglie del vero Dreyfus si staranno rivoltando nella tomba per questo, oltre a rivoltarsi le mie viscere. Ma, tanto si sa, l'uso distorto della storia fa parte di questo scorcio di contemporaneità.

I punti in questione sono ovviamente altri. Alcuni ne ha già elencati su l'Adige Pierangelo Giovanetti. Altri vorrei tentare di metterli in evidenza. Innanzitutto lo schierarsi di un mondo giornalistico – chiamiamolo per comodità “progressista” - a fianco di Sallusti: da Travaglio all'Annunziata, da Ezio Mauro al segretario della Fnsi Franco Siddi. E' un po' la foglia di fico, siamo seri. E' un modo per salvarsi dalle accuse di faziosità e dimostrare che nel momento del pericolo e della chiamata alle armi il giornalismo italiano non abbandona la destra. Una dimostrazione di galantomismo di cui non c'era bisogno.

Ma partiamo dal punto principe: qui abbiamo un signore – Farina - che non è più giornalista per tanti motivi, non ultimo il fatto che faceva la spia per i servizi segreti, che nel febbraio 2007 anonimamente su “Libero” insulta un magistrato di Torino, Giuseppe Cocilovo. Il quale aveva dato ragione a una ragazzina tredicenne che aveva chiesto di abortire contro il parere del padre. E Farina-pseudonimo aveva usato la bombarda: “Ci vuole la pena di morte”, ovviamente contro il magistrato. Che ha querelato.

E' qui che comincia la commedia penosa di queste persone: Sallusti sostiene di non sapere chi è Dreyfus. Per legge quindi ricade su di lui la responsabilità in quanto direttore. Sallusti, dopo tre gradi di giudizio, viene condannato a 14 mesi. Via a un nuovo balletto. Tirato per la giacchetta da Vittorio Feltri, Renato Farina si alza in Parlamento a dire che è lui Dreyfus. Complimenti, applausi. Lo fa però dopo la condanna di Sallusti e forte della sua immunità parlamentare. Un coraggio di burro.

Ed è qui che scatta lo sviamento dell'opinione pubblica e si parla di reato di opinione di Sallusti e di Farina. “Vorrete mica condannare uno per le sue opinioni?”

No, io e tanti come me, non vogliamo condannare nessuno per le sue opinioni. Ma qui non si parla di opinioni. La tanto amata legge sulla stampa del 1948 è chiara. La notizia era falsa, il contenuto era diffamatorio per il magistrato, che non è un assassino. Ergo la Cassazione non poteva fare altro che applicare la legge. E, se vogliamo dirla tutta, a Sallusti poteva andare peggio.

Ora si dice: cambiamo la diffamazione e togliamo il carcere. Massì, dai, giro di valzer, fino a quando qualcuno di sinistra non diffamerà Berlusconi e allora vedremo i Sallusti, i Ferrara, i Farina, chiedere il carcere.

Il punto è chiaro: possono i giornalisti scrivere il falso? No. Possono i giornalisti diffamare? No. La legge prevede per tutto questo condanne penali? Sì.

Se riteniamo che sia una enormità lavoriamo per cambiare la legge, ma per carità non facciamo passare i SallustiFarina per martiri della libertà di stampa. Visto che oltretutto il loro articolo su Cocilovo si inseriva perfettamente in una rassegna di attacchi vergognosi alla magistratura e ai magistrati.

Un ultimo punto a cui non voglio sottrarmi in un ipotetico futuro: non parteciperò a eventuali campagne dell'Ordine dei giornalisti a favore di Sallusti, anche se il consiglio dell'Ordine nazionale e quello di Trento dovesse ro decidere in tal senso e non farò alcuno sciopero, come ha chiesto la Fnsi (il sindacato dei giornalisti) per Sallusti.

Se il giornalismo italiano è impazzito e – nei fatti come dimostra la vicenda – vuole difendere la libertà di diffamare, io difendo la mia libertà di continuare a credere in una giornalismo pulito e serio.

La libertà di opinione è sacra, la libertà di insulto no.

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