Le pulsioni autoritarie di Grillo
C'era da credere che dopo aver toppato due volte Beppe Grillo si fermasse e invece ha proseguito il suo disvelamento autoritario, mettendo in luce la sua natura, il suo nichilismo le sue pulsioni.
Prima c'è stata la gaffe della “marcia” sul Parlamento, che aveva tanto il sapore della marcia su Roma di fascista memoria, ma soprattutto quel retrogusto acido di quel discorso fascista quando il futuro Duce parlò di “aula sorda e grigia” da occupare.
Poi è arrivato il secondo disgraziato proclama: “Voglio il 100% dei seggi”. So già che i grillini risponderanno che sono iperboli, che bisogna cambiare tutto, ecc. Ma queste sono affermazioni che nemmeno Mussolini, Hitler o Stalin si sarebbero sognati di pronunciare, perché nemmeno loro avevano il 100%. Nemmeno il partito comunista bulgaro durante il realismo socialista.
Poi ecco, il terzo tonfo che a questo punto chiarisce molto dello stato d'animo, delle idee, dei ragionamenti del ciclotimico Grillo. Ossia la sua affermazione per cui, per trasparenza, bisogna togliere il voto segreto sui presidenti delle Camere, dimenticando in un colpo solo i grandi dibattiti sulla democrazia, dimenticando i principi della dissidenza e del rispetto delle minoranze, della libertà di scelta e coscienza e quindi della tutela del voto segreto. In una parola: democrazia. Proprio lui vorrebbe annullare quello che è il caposaldo delle società democratiche.
C'è tutto in queste concezioni. Il dimenticare un principio fondamentale, e cioè che sulle persone, in ogni luogo, dall'assemblea di quartiere all'elezione del presidente della Repubblica, quando si vota sulle persone, si vota in segreto. Lui no. Esattamente come i dittatori di tutto il mondo, che vogliono sapere come votano i loro sottoposti e non possono concepire che questi, nel chiuso di una cabina, votino diversamente da come vorrebbero loro. E pronta infatti è arrivata la scomunica per chi ha preferito votare Grasso e non Schifani.
Al sommo del paradosso vorrebbe aprire il Parlamento come una scatola di tonno con un apriscatole e poi tiene segrete le riunioni dei parlamentari cinquestelle. Vorrebbe le dirette in streaming degli incontri con gli altri partiti e poi non si lascia fare domande sul suo partito. I suoi seguaci vorrebbero giornalisti addomesticati che raccolgono solo le loro dichiarazioni senza fare domande.
E tutto questo per cosa? Per una presunta superiorità morale che il M5s e i suoi capetti si sono autoaccreditati. Ma dove sta questa presunta superiorità morale, quando una senatrice delle cinquestelle non viene nemmeno sfiorata dalle critiche interne nonostante abbia fatto eleggere suo figlio deputato nello stesso collegio? Una cosa che ai reggenti dei vecchi regimi democristiani non sarebbe mai nemmeno venuta in mente, anche se il democratico Piero Fassino si fece eleggere insieme alla moglie.
La superiorità morale non ce l'aveva nemmeno De Gasperi che qualcuno vorrebbe santo, ma che difficilmente lo diventerà, perché la Chiesa sa benissimo che il potere contamina.
Ma il sentiero della superiorità morale è scivoloso. Per percorrerlo senza cadere bisogna essere puri veramente. E santi grillini se ne vedono pochi, a cominciare da Grillo che ancora deve spiegare le sue ambigue posizioni sugli ebrei e sull'Olocausto.