Il viale del tramonto del fu Cavaliere
La condanna c'è stata. Chiara netta. Ma ora lui non è capace di fare ciò che fece Craxi, andandosene all'estero, ma nemmeno ciò che fecero altri meno illustri: ritirarsi.
Insiste, e con lui i suoi, sulla persecuzione giudiziaria. Tre gradi di processo, più altre sentenze.
Chiunque la può girare come vuole e pensarla come crede, ma a 77 anni, con questa condanna sulle spalle, Silvio Berlusconi è uscito dall'attualità per entrare nella storia. Ora, può decidere se chiudere qui oppure diventare macchietta di se stesso e spingere una parte dell'Italia sull'orlo dello scontro, alimentato dai suoi portaborse. Personaggi che in questi anni non si sono preoccupati di una considerazione minima ma feroce: gli anni passano e Berlusconi si avvia a diventare un'ottantenne. Un'età in cui, credendosi padre del centrodestra, lui stesso avrebbe dovuto lavorare per trovare un successore, anziché bearsi nei baciamano di donnine e ruffiani interessati. Sottovalutando la sua età, anche il centrodestra ha chiuso ogni possibilità di avere un futuro immediato, si è impiccato alle vicende personali di un uomo. Uomo che certamente dimostra molta vitalità mentale e fisica, ma che ha imboccato il viale del tramonto.
Purtroppo, ancora, sta inquinando i pozzi della politica italiana, condizionando anche gli avversari nella loro miopia. Tra chi esulta per la condanna come se avesse vinto un campionato del mondo e chi non sa darsi risposta su come andare avanti, la sinistra ancora continua a pensare a un futuro in cui Berlusconi è usato come una bussola al contrario. Non riesce a guardare oltre e ha la sindrome del nemico, non riuscendo a pensare a Berlusconi come a un semplice avversario. I tanti che sul web o nelle piazze hanno stappato bottiglie di spumante hanno confermato la loro miopia, non capendo che comunque confermavano solo una spaccatura nel Paese. Una spaccatura da macchietta, come se da una parte esistesse Al Capone e dall'altra parte i puri e i buoni. Una spaccatura che Berlusconi ha sempre usato a suo vantaggio.
Il Cavaliere – e tra poco non potrà nemmeno più fregiarsi di questo titolo essendo stato condannato – ora deve decidere che cosa fare, anche rispetto al governo. La situazione è paradossale: da un lato c'è un governo di larghe intese, in cui il Pd non riesce a mettere alla parola fine visto che il leader del partito alleato è ufficialmente un fuorilegge. Dall'altro un Pdl che vorrebbe mettere la parola fine, ma se si torna al voto non c'è certezza di vittoria. Soprattutto, ed è la cosa che frena entrambi, nessuno vuole rompere e assumersi questa responsabilità davanti al Paese. Così faranno il gioco del cerino, fino a quando diventerà inevitabile. Mentre Berlusconi, condannato, non potrà candidarsi alle elezioni e da fuori cercherà di condizionare i giochi come una sorta di Peron in sedicesimo, trasformando il nostro Paese in un'anarchia da barzelletta, con due leader - lui e Beppe Grillo - pregiudicati che non possono candidarsi al Parlamento, che faranno campagna elettorale alzando i toni per farsi sentire creando un frastuono utile solo all'imbarbarimento del confronto.