Priebke, la Chiesa e il funerale negato
Erich Priebke nella sua lunga esistenza non si è mai pentito dell'eccidio commesso. Anzi, lo ha sempre negato dicendo che lui non ha ucciso nessuno, ha solo eseguito ordini. Il boia delle Ardeatine non ha mai avuto - pur toccando il secolo di vita - una parola di rincrescimento, di ravvedimento, di attenzione al dolore infinito delle centinaia di famiglie colpite dall'eccidio da lui eseguito. Mai ha chiesto perdono alla comunità ebraica, o ai familiari delle vittime
Caro Direttore, mi ha colpito il diniego del Vicariato di Roma a concedere i funerali religiosi al criminale nazista Priebke. Non dubito che il diritto canonico preveda casi nei quali sia negato il funerale religioso, e il nessun segno di pentimento mostrato da Priebke per la smisurata vendetta consumata alle Fosse Ardeatine per uno sconsiderato attentato partigiano a militi sudtirolesi arruolati nella Germania nazista potrebbe esserne il motivo. Ma non mi pare che Papa Francesco faccia dell'applicazione del diritto canonico il centro del suo annuncio. Egli non cessa di richiamare il volto misericordioso di Dio, l'atteggiamento pieno di misericordia che la Chiesa deve avere verso gli uomini, specie per "la pecorella smarrita", per il peccatore anche nella peggiore delle situazioni. Come mai la Curia della diocesi di Roma, della quale egli è Vescovo, per il peccatore Priebke, pare agire in modo diverso? Forse che Papa Francesco ha detto che per certi peccatori c'è la misericordia di Dio e per altri no? Forse che Papa Francesco ha detto che l'atteggiamento misericordioso va adottato dalla Chiesa solo se il peccatore è pentito? E per quello non pentito vale il bando dalla comunità? Seppellire i morti non è un'opera di misericordia? Quanti sono coloro che hanno avuto responsabilità politiche e militari e che hanno provocato con le loro decisioni e azioni ben più morti di Priebke e per i quali non si è fatta obiezione al funerale religioso? La storia ne è piena. Priebke diceva di aver obbedito a ordini superiori: probabilmente ci ha messo uno zelo tutto suo e anche per questo è stato condannato. Ma quanti hanno eseguito con «zelo» i loro compiti politici e militari di uccisioni di massa? Basterebbe ricordare le bombe atomiche su Hiroshima e Nagasaki.
Caro Direttore, ho l'impressione che la negazione dei funerali religiosi, come il rifiuto di sepoltura in un cimitero del luogo dove Priebke è morto da parte del sindaco di Roma segnalino il vizio dei due pesi e delle due misure, cedendo a sentimenti che contrastano tanto con la cristiana misericordia quanto con il diritto della persona, anche se si tratta di un criminale.
Erich Priebke nella sua lunga esistenza non si è mai pentito dell'eccidio commesso. Anzi, lo ha sempre negato dicendo che lui non ha ucciso nessuno, ha solo eseguito ordini. Il boia delle Ardeatine non ha mai avuto - pur toccando il secolo di vita - una parola di rincrescimento, di ravvedimento, di attenzione al dolore infinito delle centinaia di famiglie colpite dall'eccidio da lui eseguito. Mai ha chiesto perdono alla comunità ebraica, o ai familiari delle vittime.
Papa Francesco ripete in continuazione che nessuno è escluso dal perdono di Dio se lo desidera. Il fatto è che Priebke non ha mostrato di desiderarlo. Per rientrare nella piena comunione di Dio e con gli uomini - così la Chiesa insegna - occorre pentirsi e chiedere perdono. Cosa mai fatta ed espressa da Priebke in vita, e confermata dai familiari anche dopo la morte. Come interpretare altrimenti la provocazione del figlio di Priebke di seppellire il nazista, boia degli ebrei, in Israele?
Il vicariato di Roma ha proposto una benedizione privata della salma, anche per non dare pubblico scandalo con un funerale (che si sarebbe trasformato in un simbolo e in scontro, come puntualmente è avvenuto ieri ad Albano laziale). L'avvocato di Priebke ha rifiutato, pretendendo funerali solenni riabilitativi nella città della strage voluta dai nazisti.
Un funerale siffatto avrebbe creato problemi di ordine pubblico, come ha evidenziato il sindaco di Roma Ignazio Marino, e avrebbe costituito uno schiaffo in faccia alla comunità ebraica che non ha visto la sepoltura dei propri cari trucidati, ma l'anonimo gettare dei corpi in una fossa comune, per distruggerne oltre alla vita anche l'identità e la unicità umana.
Il funerale poteva tranquillamente avvenire fuori dall'Italia, in forma segreta e privata. Ma così non voleva la famiglia, l'avvocato e i seguaci di Priebke, per trasformarlo in un simbolo che avrebbe alimentato ulteriore odio razzista.
Nessuna meraviglia, quindi, che a celebrare il funerale sia stato un lefebvriano. Non poteva essere che qualcuno fuori dalla Chiesa.
p.giovanetti@ladige.it
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