La Cgil e il Pd, il governo e lo sciopero inutile
In generale il sindacato dovrebbe fare il sindacato, cioè rappresentare i propri iscritti nella contrattazione e nella difesa dei diritti del lavoro, e non fare politica. Purtroppo per anni il sindacato, a cominciare dalla Cgil, ha abusato del suo ruolo per assumersi arbitrariamente una dimensione politica che non gli spetta, cioè quella di controparte dei governi e di lobby di pressione sul parlamento. Così in più di una occasione non sono state le Camere elette dal popolo a sfiduciare i governi, ma i sindacati con uno sciopero generale, riducendo il parlamento a cinghia di trasmissione dei sindacati
Gentile direttore, da notizie della stampa e da impressioni personali, mi è sembrato che la Cgil del Trentino e non solo, in questa campagna elettorale sia schierata in lancia in resta con la lista del Pd. Da parte mia ho sempre, in 30 anni da sindacalista della Cgil, preservato l'autonomia dai partiti, anche se poi votavo sempre a sinistra. Solo quando sono stato pensionato mi sono impegnato in politica (ora sono candidato con Sel) perché libero da vincolo di mandato sindacale.
Poi mi sembra giusto che la Cgil decida chi appoggiare dalle risposte che i partiti danno nell'interesse delle lavoratrici e lavoratori che rappresenta; e lo vediamo oggi questo governo nella legge di stabilita come tratta i lavoratori del pubblico impiego, e come umilia tutti i dipendenti regalando una miseria come riduzione delle tasse e aumentando l'Iva di un punto e con la nuova tassa la tasi che colpisce soprattutto i ceti intermedi e i più bassi. Il presidente del consiglio è esponente del Pd e il Pd è maggior azionista di questo governo sotto il ricatto continuo del Pdl. Non ha caso cgil-cisl-uil hanno dichiarato 4 ore di sciopero contro questa manovra. Il nostro programma per il Trentino ha come primo punto il lavoro sostenibile da promuovere per i giovani ma anche per chi oggi perde il lavoro a età adulta.
Ufficialmente non si sa se la Cgil trentina sia schierata per il Pd e faccia da cinghia di trasmissione (e di voti) per il Partito democratico. Tra i candidati del Pd c'è un ex segretario generale della Cgil, Bruno Dorigatti, ed è facile che ottenga simpatia e sostegno nel sindacato che ha guidato per anni. Ma in un'altra lista, l'Upt, c'è per esempio l'ex presidente delle Acli provinciali Arrigo Dalfovo, e anch'egli raccoglierà simpatie nel mondo dei lavoratori, forse anche nella Cgil.
Come pure ci sarà chi esprime consensi a Sel, o a Rifondazione comunista, o ad altri partiti.
In generale, però, il sindacato dovrebbe fare il sindacato, cioè rappresentare i propri iscritti nella contrattazione e nella difesa dei diritti del lavoro, e non fare politica. Purtroppo per anni il sindacato, a cominciare dalla Cgil, ha abusato del suo ruolo per assumersi arbitrariamente una dimensione politica che non gli spetta, cioè quella di controparte dei governi e di lobby di pressione sul parlamento. Così in più di una occasione non sono state le Camere elette dal popolo a sfiduciare i governi, ma i sindacati con uno sciopero generale, riducendo il parlamento a cinghia di trasmissione dei sindacati.
Per fortuna quei tempi sono in buona parte finiti, e i governi rispondono del loro operato al parlamento e agli elettori, non agli iscritti di questo o quel sindacato, e alle loro rappresentanze confederali. Ogni tanto, però, la tentazione di tornare a rivestire i panni di lobby politica torna presente nel sindacato. Come in questi giorni in cui è stato proclamato l'ennesimo sciopero politico nazionale, per bocciare il governo Letta e la manovra finanziaria. Azione che deve compiere il parlamento, eventualmente, non il sindacato.
Proclamare uno sciopero nazionale per invocare la crescita del Paese, poi, è una contraddizione di termini. La crescita ci può essere non astenendosi dal lavoro ma, eventualmente, lavorando di più. E non si capisce perché le imprese, già in difficoltà, dovrebbero venire aiutate a creare lavoro proclamando lo sciopero.
In realtà si tratta di una risposta politica ad un governo che non ha raccolto tutte le rivendicazioni di una parte, quella sindacale. Un governo che certamente poteva fare meglio, di più e con più risorse a favore del taglio del costo del lavoro e della ripresa, ma con gli attuali vincoli di deficit e di bilancio ha saputo mettere in campo 10,6 miliardi di euro in tre anni per abbassare il cuneo fiscale, e ha operato una riduzione delle tasse pari a 5 miliardi di euro per i ceti meno abbienti.
Uno sciopero, quindi, quello proclamato da sindacati, sostanzialmente inutile. O forse peggio, dannoso, per i lavoratori, per le imprese e per la crescita.
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