Ciclismo e Di Luca, doping e credibilità

di Andrea Coali

Lo scorso venerdì 22 gennaio le Iene hanno mandato in onda una controversa intervista all’ex campione di ciclismo, ormai radiato, Danilo Di Luca. Forse per togliersi qualche sassolino dalle scarpe, Di Luca ha sparato a zero sul mondo del ciclismo, accusando la quasi totalità dei ciclisti professionisti di fare uso di pratiche dopanti. Che questo sia vero o meno, non è dato saperlo, soprattutto se si guardano i fatti da un punto di vista esterno al sistema. Ciò che però mi ha colpito di più di questa intervista è il passaggio in cui Di Luca afferma che il doping “non dà dei problemi … il doping non è una droga, quindi non si è dipendenti … il doping fatto in maniera corretta non fa male all'organismo". Basta fare una piccola ricerca su Google, e metterci un po’ di sano buon senso, per capire che quello che afferma l’ex sportivo non sta né in cielo né in terra. Per fare un veloce esempio, prendiamo l’EPO, la sostanza a cui Di Luca è stato trovato positivo. EPO è l’acronimo di eritropoietina, un ormone che viene prodotto naturalmente dal nostro corpo mediante reni, fegato e cervello: è capace di regolare la produzione da parte del midollo osseo dei globuli rossi e di conseguenza favorisce il trasporto di ossigeno all’interno dell’organismo. È inutile dire che, assunto in elevate quantità, può portare a grandi vantaggi in termini di prestazione sportiva. Ma sono notevoli anche i rischi per l’organismo, sia a breve, ma soprattutto a lungo termine: si parla di malattie cardiovascolari come infarto ed ictus, di problemi alla circolazione dovute all’aumento di densità del sangue con il rischio di formazione di trombi e altro.
Il fatto che uno sportivo, seppur radiato, parli delle pratiche dopanti in questi termini è a dir poco preoccupante: basta che si facciano due ricerche e si comprende il danno per il nostro organismo, ma il vizio del fumo ci suggerisce che spesso l’uomo non è in grado di ragionare nel pieno delle sue facoltà. Sentir dire da un personaggio di tale livello che il doping non provoca rischi per la salute è una vera e propria pubblicità per queste pratiche. Inutile poi parlare del risvolto etico. Per quanto riguarda il ciclismo, non so come funzionino le cose, ma dal mio punto di vista, da sportivo, non giustificherei mai una cosa del genere, nemmeno se spinta dal desiderio di vittoria a tutti i costi. Il bello della vittoria nello sport è sapere che ci si è arrivati solo con le proprie forze, con il proprio talento unito ad una buona dose di lavoro ed allenamento. Certo che, se fossi un ciclista e se ciò che Di Luca afferma fosse vero, sarebbe molto dura vedere che tutti cominciano a superarti solo perché utilizzano sostanze per aumentare le loro prestazioni, mentre tu continui a contare solo sulle tue forze. Tuttavia credo, per come sono fatto io, che piuttosto di utilizzare tali aiuti preferirei abbandonare un mondo che considererei “marcio”. Nel caso di Di Luca è inutile “vendicarsi” solo dopo che si è stati trovati positivi per tre volte all’EPO, senza nemmeno pentirsi di averlo fatto, ma avendo come unico rimpianto il fatto di aver calcolato male i tempi e di essersi fatto beccare: inutile dire che la credibilità è ormai ridotta ai minimi termini.
Nella pallavolo i casi di doping sono pochi, facendo di questo sport un’isola felice anche da questo punto di vista. Della pratica dopante purtroppo si parla oggi nell’ambito di molte attività, dando uno schiaffo ad alcuni dei valori fondamentali dello sport. La speranza è che si riesca ad invertire questa tendenza, che si torni a puntare solo sulle proprie forze senza oltrepassare i propri limiti fisici.

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