Cosa deve fare la politica per la cultura
“Piano” è una di quelle parole che in politica – oggi – sarebbe forse meglio non usare.
Sarà perché è sinonimo di “lento”, in una stagione nella quale alla politica è richiesta, invece, reattiva velocità, o sarà per l’uso roboante che, questa, troppo spesso ne ha fatto. Eppure mi sento di correre il rischio e di entrare nel dibattito che, in queste ultime settimane, si è acceso attorno al comparto della cultura affermando che, ciò che serve, è proprio un piano.
Sono infatti convinta che solo un intervento politico organico e complessivo possa consentirci di uscire dalle bizze di una quotidianità troppo segnata da mode culturali che s’infiammano e poi sopiscono, da soldi che arrivano e poi mancano quando mutano le priorità, da risorse pubbliche che giungono abbondanti per la costruzione di strutture grandiose ma che poi s’affievoliscono quando si tratta di riempire le stesse di idee, contenuti, persone.
Non sto facendo un appello, cerco di indicare la direzione che, credo, debbano prendere i lavori della Quinta Commissione permanente del Consiglio Provinciale, che ho l’onore di presiedere.
Commissione che – tra gli altri – ha il compito di approfondimento, consultazione e formazione delle leggi provinciali in materia d’istruzione, ricerca e cultura. Un organo del Consiglio provinciale che ben si attaglia, per la sua composita formazione (che vede coinvolte sia maggioranza che opposizione) e per i suoi compiti di ascolto e consultazione, al metodo di lavoro che ad un piano dev’essere connaturato: il coinvolgimento degli attori, il colloquio con gli stakeholder, la permeabilità alle istanze presentate, e infine l’elaborazione di una sintesi condivisa.
Un piano che, per il futuro, poggia sulla realtà del presente, deve necessariamente partire dalla constatazione che difficilmente, nei prossimi anni, assisteremo ad una crescita delle risorse disponibili per il settore culturale.
Crisi economica e contrazione del bilancio provinciale non devono, però’ lasciare spazio a dichiarazioni di impotenza o a posizioni di man leva. Al contrario, devono rappresentare l’occasione per ripensare in termini nuovi un comparto che molto ha ancora da dare (e non solo in termini culturali, ma anche economici, turistici e di promozione) al nostro territorio. Se quindi il tema della sostenibilità dovrà necessariamente soggiacere ad ogni ragionamento, i nuovi terreni sui quali “la cultura” si giocherà ruolo e autorevolezza rappresentano altrettante sfide che abbiamo il compito e il dovere di giocare.
La prima sfida è quella di abbandonare la stretta logica settoriale d’intervento a favore di un’impostazione più lungimirante. Infatti, solo la definizione di obiettivi comuni e di strategie condivise con chi definisce l’offerta turistica, le politiche di accoglienza, le strategie di marketing territoriale, perfino i piani di mobilità e trasporto, sarà in grado di garantire una progettazione culturale realistica e commisurata all’utenza. Per giocare con le parole potremmo dire che la cultura dovrà “uscire dalla cultura”, “il turismo dal turismo” e così via.
Se non saremo in grado di farlo, o se ci rifiuteremo di farlo, il Trentino ne uscirà sconfitto.
La seconda sfida richiede di guardarci dentro e di ammettere che non stiamo facendo di tutto per armonizzare il nostro sistema, per renderci co-protagonisti di un territorio all’avanguardia nelle possibilità di racconto dei valori culturali propri e delle innovazioni possibili. Guardarci dentro per superare la dinamica del chiuso orticello, della scarsa inter-relazione tra specificità e/o vocazioni, per scegliere, finalmente, la strada dell’interazione tra i musei e la costellazione di attori, piccoli e grandi, pubblici e privati disseminati sul nostro territorio. Consapevoli che la nostra offerta culturale non è fatta solo da poche realtà di grido, ma da decine e decine di realtà virtuose che devono essere messe in rete.
Solo così saremo in grado di coprire una domanda di cultura territorialmente diffusa e settorialmente tanto frazionata.
La terza sfida riguarda il nostro modo di guardare all’ente pubblico. Perché quella Provincia, che grazie ad una disponibilità di risorse straordinariamente abbondanti ha rappresentato in questi anni il principale – se non l’unico – canale di finanziamento, oggi non esiste più.
Non intendo con questo suggerire una politica di dismissioni. Intendo dire che se da un lato il finanziamento provinciale dovrà rivedere i propri paradigmi per diventare più selettivo e rigoroso nella scelta di quante e quali risorse affidare, a chi e per quali risultati, parallelamente va accelerato e portato a maturazione il percorso attraverso il quale gli attori culturali si riorganizzano per “stare sul mercato”, per confrontarsi in modo aperto con i loro competitors, per accrescere il loro appeal attrattivo di risorse e di investimenti.
Non si tratta di lasciare “solo” nessuno.
Si tratta di lavorare per incentivare e riattivare quelle realtà, quelle persone e quelle intelligenze che attraverso la cultura generano, faticosamente, impresa e – dunque – occupazione.
In questi giorni si è molto parlato e molto scritto di musei.
Ciò di cui sono convinta è che la loro organizzazione (o riorganizzazione) non vada trattata in modo slegato rispetto alle linee d’azione che ho cercato di proporre. Credo, anzi, che il futuro dei musei vada profondamente ascritto allo sviluppo di queste linee di indirizzo, che devono riguardare, anche, ma non solo, l’individuazione delle migliori forme di strutturazione del “sistema museale” trentino.
Un sistema che non può dirsi tale solo in virtù di una semplice programmazione congiunta, di piccole strategie di partnership, (piccole anche se la fatica per attuarle è stata grande) o di condivisione di “card” per molteplici accessi che sono, a ben guardare, solo uno strumento non il fine, di uno scrigno di competenze e intelligenze che sanno e possono dare molto al Trentino tutto.
E’ compito della politica rivalutare la funzione educativa e formativa dei musei e contemporaneamente investire in questo biglietto da visita del territorio su scala nazionale e internazionale. Biglietto da visita veicolo di contenuti e di immagine, di racconti e di brani di futuro.
E’ compito della politica creare un sistema che sappia attrarre – proprio per il suo carattere organico e non semplicemente come somma dei singoli – i grandi flussi del turismo culturale europeo.
Per costruire armonia interna, e non competizioni tra singoli, nel rispetto delle vocazioni ed autonomie di ciascuno ci si può rimettere a puri atti di buona volontà, che, pur esistendo, appaiono altalenanti, non sistematici. Oppure ci si può impegnare in percorsi di programmazione partecipata dove ciascuno mette sul piatto oltre che il suo essere, la disponibilità ad essere “insieme” agli altri, strumenti di innovazione e ricchezza culturale e materiale per il Trentino.
Sarebbe la prima volta che lo si fa, ed è per questo che serve la politica. Una politica intesa non come potere, ma come pratica, come capacità di generare tessuto connettivo e collante. Perché il sistema culturale di questa provincia, la sua accezione economica, sociale e territoriale, dev’essere più importante del funzionamento e del destino delle singole istituzioni.
Lucia Maestri
Consigliera provinciale del PD e presidente della V Commissione permanente.