Lotta violenta (e obbligatoria) contro la burocrazia
Condurre una "lotta violenta" contro la burocrazia - come ha detto di voler fare Matteo Renzi - non è il capriccio di un premier in cerca di visibilità. E' un obbligo, per un Paese che non cresce.
Condurre una "lotta violenta" contro la burocrazia - come ha detto di voler fare Matteo Renzi - non è il capriccio di un premier in cerca di visibilità. E' un obbligo.
Con una crescita del Pil stimata allo 0,8%, con un rapporto debito pubblico/Pil che nel 2014 arriverà al 134,9%, con una disoccupazione prevista solo in lievissimo calo al 12,8% (tutte cifre contenute nel Def appena licenziato dal Consiglio dei ministri), diventa infatti cogente liberare le aziende dal fardello della perdita di tempo e denaro cui sono costrette da un sistema bizantino, fatto di mille passaggi e scartoffie timbrate da mille persone diverse.
Lo diventa se si vuole recuperare produttività e ricchezza.
E' chiaro infatti che sgravare le imprese da costi inutili e improduttivi consentirebbe di rimettere denaro in circolo: ne beneficerebbero innanzi tutto l'innovazione e la ricerca di nuovi mercati, con effetti a cascata sull'occupazione.
Ma c'è un ma. Il fatto è che da qualche anno tutti i governi hanno provato a snellire la macchina burocratica, senza riuscirci: e i costi della burocrazia sono sempre aumentati, di pari passo con quelli delle marche da bollo. I 31 miliardi (il 2% del Pil) spesi nel 2012 secondo la Cgia di Mestre (nel 2011 erano 26,5), e i 100 giorni di lavoro annui persi per correre dietro alle pratiche, conteggiati da Coldiretti, dicono tutto.
Renzi dunque non può limitarsi a uno spot, sparato non a caso alla Fiera del Mobile, ossia in casa degli artigiani: ma deve declinare al più presto in atti concreti un impegno che, di pari passo con la lotta alla corruzione e alla mafia, può diventare la vera riforma (altro che Senato e Jobs act!) in grado di rilanciare l'economia del Paese.