Poletti e il 110 a 28 anni? Ha ragione
Poletti e il 110 a 28 anni? Ha ragione
Twittami, o diva, l'ira funesta del popolo social...
Al netto delle polemiche strettamente politiche, come al solito strumentali, faziose e, in definitiva, molto noiose, mi hanno molto stupito le reazioni alle parole del ministro del lavoro Giuliano Poletti, il quale, parlando al salone «Job&Orienta» della Fiera di Verona ha detto una cosa sacrosanta. In sostanza, meglio laurearsi a 21 anni prendendo 97 che a 28 prendendo 110 e lode.
Un’ovvietà, direi, che però ha scatenato la «protesta social» di molti «gggiovani». E giù a dire che Poletti è un perito agrario (che infamia....), che lui non può parlare perché non ha nemmeno la laurea, che ha fatto carriera con il partito, etc etc.
In effetti ha ragione #Poletti. Aspettare i 28 anni per entrare in un call center è assurdo.
— Starrynight (@1_starrynight) 27 Novembre 2015
Ora ci vorrebbero duemila laureati di 21 anni con 97 che vanno da #Poletti e gli fanno: ok, ministro, cosa c'è per noi?
— Mangino Brioches (@manginobrioches) 27 Novembre 2015
Va da sé che laurearsi nei tempi giusti e con il massimo dei voti sarebbe il top. Ma se devo scegliere... tutta la vita un 97 a 23 anni (21 in effetti sono pochini...).
Qualche anno fa, nell’ambito si un’inchiesta dell’Adige sugli sbocchi occupazionali per i giovani, mi capitò di intervistare due cosiddetti «headhunters», cacciatori di teste, titolari di una società di selezione di personale. Mi dissero esattamente la stessa cosa: nel curriculum di un giovane guardiamo a che età si è laureato, il voto viene dopo.
D’altra parte, quello che davvero conta, per una buona «laura», è tenere la testa al solito posto, cioè, sul collo:
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