Non solamente il biologico è «buono»

Non solamente il biologico è «buono»

di Maurizio Petrolli

Nutrire un Pianeta in crescita senza avvelenarlo è lo scopo primario dell'agricoltura. La Conferenza sull'Ambiente e Sviluppo di Rio de Janeiro del 1992 ha introdotto, a quadro operativo di tale scopo, il concetto di «sostenibilità», funzionale allo sviluppo globale cui interagiscono reciprocamente le dimensioni ambientale, economica, tecnologica e sociale. Vero è che l'agricoltura sta attraversando un cambiamento epocale. Gli scenari competitivi stanno cambiando radicalmente. Essi offrono nuove opportunità, ma mostrano anche maggiore pressione competitiva. L'agricoltore è chiamato oggi e in prospettiva, a ridefinire  il proprio mestiere e con questo il proprio ruolo nella società. È questo un processo che, allo stesso tempo, pone il problema di come riformare complessivamente i sistemi agro-alimentari e agro-territoriali, per far fronte al profondo cambiamento del quale siamo, e ancor più saremo, testimoni.

L'agricoltura fino agli inizi degli anni novanta era mono-funzionale nel senso che la sola forma riconosciuta di realizzazione del valore prodotto era quella del passaggio delle sue produzioni per il mercato. Oggi emergono mode alimentari e cicli del prodotto che obbligano a diversificarsi nella qualità. Nuove funzioni, d'altra parte, si aggiungono alla tradizionale produzione di alimenti e fibre: nell'ambito energetico, turistico-ricreativo, culturale, curativo e riabilitativo, di valorizzazione dei beni pubblici e privati, e altro ancora. È d'obbligo anche l'agire in coerenza con le indicazioni della UE riguardo al rapporto di triangolazione strategica tra didattica, ricerca e innovazione. Parallelamente, il rischio cresce: l'agricoltore deve interrogarsi non più soltanto su come produrre, ma anche su quali qualità orientare la produzione, per chi produrre, quando e come vendere. Ed ecco la necessità e l'opportunità di «fare sistema» sia nei servizi che nelle politiche di diversificazione. Tutto ciò, in Trentino pare abbia già una soluzione certa, almeno ascoltando e leggendo il «verbo biologico» promosso da talune recenti legittime iniziative pubbliche di cittadini convinti che un frutto sano, rispettoso dei concetti di sostenibilità e biodiversità, è garantito solo dal metodo di coltivazione biologica se non addirittura biodinamica.

In agricoltura biologica la scelta dei prodotti e delle molecole utilizzabili è decisa in base alla loro origine, che deve essere naturale. Tale distinzione tra prodotti naturali e di sintesi è però vuota da un punto di vista scientifico e che consente di usare in agricoltura biologica prodotti naturali il cui impatto ambientale è rilevante come nel caso del verderame. Vi sono inoltre alcune patologie che non sono controllabili con sistemi biologici o per i quali vige la lotta obbligatoria che consente di mantenere la certificazione biologica pur utilizzando prodotti chimici di sintesi per il controllo dell'insetto o della patologia. In ogni caso in Trentino, da più di vent'anni l'agricoltura integrata ha sostituito quella convenzionale e oggi, con l'uso del ferormone in luogo dell'insetticida, l'uso di prodotti biologici vivi (larve maggiolino) e fatto salvo l'applicazione controllata di solo due autorizzati prodotti di sintesi, su porzioni specifiche di territorio e, in particolare, in presenza di evenienza di attacchi fungini (ticchiolatura, peronospora, oidio), la pratica dell'intergrato è sovrapponibile a quella biologica.

Dunque, di che cosa si parla? Purtroppo, il dibattito «biologico contro integrato» è anche in Trentino cristallizzato, ideologico e molto emotivo. Occorre, altresì, prendere atto, che fino a qualche tempo fa il mondo dei produttori non ha di certo favorito alcuna discussione sul tema e anzi censurato tutto quanto potesse nuocere alla immagine «vergine» del «bollino», mentre ora, con una netta e senz'altro apprezzabile e condivisibile inversione, sono i medesimi produttori che aprono ad ogni informazione e confronto. Al netto, pertanto, del permanere di un generale, bipartisan difetto di comunicazione concernente il trasferimento del sapere per una mutua comprensione tra ricerca e sviluppo, cittadini e attori della società civile, non è accettabile la grancassa dell'assioma che biologico è «buono» mentre tutto il resto è «cattivo e tossico».

Certo, i prodotti biologici iniziano a trovare spazi specifici nei supermercati perché sempre più è la richiesta del consumatore. Nondimeno, la produzione e le aziende che la praticano, ancorché, raddoppiate negli ultimi cinque anni non raggiungono ancora una doppia cifra (6% Trentino).
Se il dibattito uscirà dalle secche su cui si è arenato e senza pregiudiziali preclusioni ideologiche, l'auspicio per il futuro prossimo dell'agricoltura trentina, per raggiungere una sicurezza alimentare sostenibile, produrre più cibo a prezzi accessibili, garantire la biodiversità, il sostentamento degli agricoltori e ridurre i costi ambientali dell'agricoltura, è agevolare una pratica biologica preponderante, anche se operativa solo all'avverarsi di almeno tre essenziali condizioni: ricomposizione fondiaria con superamento della minima unità colturale, mercato con domanda adeguata di prodotto biologico e formazione agronomica adeguata e di alta specializzazione per maneggiare un sistema multifattoriale, da controllare in ogni sua singola fase. In questo, sono certo, la Fondazione E.Mach continuerà a garantire un riferimento terzo, di ricerca tecnico-scientifica, di formazione e di consulenza.

Maurizio Petrolli
Consigliere CdA Fondazione E. Mach

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