Le Circoscrizioni e il bisogno di politica dal basso

Le Circoscrizioni e il bisogno di politica dal basso

di Franco De Battaglia

Caro De Battaglia, sai meglio di me come sia faticoso, per chi ama la politica del benessere comune («fare senza rubare»), bilanciare idee, obiettivi, aspirazioni con quello che poi succede nelle stanze di chi amministra, di chi legifera, di chi decide. In un «Sentieri» hai risposto sulle Circoscrizioni come un «padre» buono che, pur conoscendone le «magagne», le benedice, ne riconosce la validità, sostenendole: «Diamo loro un'altra possibilità». La paura che alleggia nel tuo intervento è che ci sia la voglia di eliminarle rendendo più facile (e arbitraria) la parte politica del Consiglio Comunale. Tutti sappiamo il valore che ha la partecipazione  della gente perché la partecipazione rafforza la democrazia.

Ma oggi le Circoscrizioni sono questo o qualcos'altro? Quando sono arrivato a Trento negli anni Ottanta, insediatomi nel quartiere di Cristo Re prima, e poi a Centochiavi, tutte le attività che hanno portato ad una migliore vivibilità del quartiere, a una migliore e civile viabilità, a difendere il verde rimasto contro l'assedio dei palazzinari non sono avvenute per l'intervento della «Circoscrizione centro storico» ma per l'attività volontaria e generosa di un comitato di cittadini («Solteri-Centochiavi») che, vista la deprecabile situazione in cui viveva il loro quartiere, si sono organizzati e senza nessun compenso, hanno cominciato a «fare politica» portando negli anni il quartiere a un livello di decenza civile e umana.

Partecipazione dal basso che ha vinto con la lotta sugli interessi di «casta»: con la raccolta di firme, si è fatto nascere un parco tra i più belli di Trento (Melta) al posto della cittadella dello sport; si è impedito la costruzione della quarta torre; si è fortemente voluta la pista ciclabile tra Trento Nord e Trento Centro e così via. Oggi la politica al servizio della comunità non passa dalle Circoscrizioni, anzi il loro esistere la impedisce. Oggi la politica si è vergognosamente arresa al servizio di chi la fa e chi la subisce, e al massimo scrive le lettere ma non lotta, non si mette contro, non mette la sua faccia, e la voglia di partecipazione veleggia sulle spalle di pochi.

Antonio Marchi - Trento


Caro Marchi, questa lettera a «Sentieri» è perfetta. Verrebbe, credo, sottoscritta da tutti. Ma ritengo, al tempo stesso, che occorra «andare oltre» le analisi lucide e il pessimismo inoppugnabile, che sia tempo di superare la sfiducia e riprendere in mano uno per uno i problemi, «provando» almeno ad affrontarli, spezzando cappe burocratiche e pressioni di parte, ma anche quel falso senso di partecipazione e di onnipotenza comunicativa, «partecipativa», che danno i Blog, le realtà on-line. Occorre tornare a sedersi attorno a un tavolo, parlarsi, guardarsi negli occhi e rispettarsi. Occorre ripartire dal basso, certo, perché le appartenenze «politiche» dall'alto sono (o sembrano) saltate, ma occorre farlo in una dimensione non solo occasionale, ma almeno parzialmente istituzionale. Riconosciuta. Verificabile. A questo possono servire le Circoscrizioni. Sì, sono un po' come un figlio che fa sciocchezze e magari sperpera i soldi, ma appunto, in questi casi non si caccia di casa il figlio, si riprova, sì ricomincia daccapo, si dà fiducia. Non ci sono del resto alternative.

In realtà il nostro mondo post-moderno non ha neppure iniziato a cercare di risolvere i nuovi problemi che lo assillano, dai quartieri, alla famiglia, agli immigrati. Prova a tamponarli, che è cosa diversa dall'affrontarli. Occorre ripartire dal basso perché nuove urgenze premono. Gli immigrati, ad esempio, potranno essere gestiti solo se entreranno in un tessuto sociale forte e consapevole. Non potranno essere delegati a burocrazie centrali, a meno di voler riprodurre le disastrose «cinture» parigine e londinesi o i «ghetti» etnici, gestiti da mafie e lobby dei paesi di provenienza. Per affrontare questi problemi il volontariato (a sua volta in crisi per tanti motivi) da solo non basta. Occorre una seconda gamba, non un contropotere al consiglio comunale, ma un completamento, un radicamento, un controllo sociale sul territorio. Che poi, se chi si impegna riceve qualche gettone per le telefonate, i caffè, la benzina ? per questo «stage» di introduzione alla politica e di contributo alla città, non è la fine del mondo. Non sono qui gli sperperi. Comperiamo qualche videocamera in meno e incentiviamo qualche controllo sociale di più.

I problemi restano, ma il dibattito sui quartieri va ripreso. Occorre forse ridefinirne i confini, precisare le competenze, rendere meno politicizzate le circoscrizioni, ma una città policentrica, complessa (e troppo rottamata, dal centro storico alle periferie) come Trento, ha bisogno di ritrovare partecipazione e motivazione. Sarà utopia, ma proviamoci.

fdebattaglia@katamail.com

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