La scuola di Amatrice e la forza della cultura
La scuola di Amatrice e la forza della cultura
Una liceale di Amatrice, intervistata, dice che meglio sarebbe stato costruire le case prima delle scuole. È chiaro che, reduce da un disastro del genere, uno dice quel che gli detta il cuore, se hai perso tutto, se non hai più un letto, una tavola intorno alla quale sedere con la famiglia perché magari anche la famiglia non c'è più.
Se non hai il cassetto dei tuoi ricordi, che ti importa di poter andare in un albergo sulla costa e che ti importa della scuola? È cambiato tutto, è cambiata la vita. Sono parole disperate, non ragionamenti a freddo. Ma un po' alla volta - è veramente un augurio - le cose ritroveranno un ordine.
I bambini intanto, a cominciare dai più piccoli, in quelle aule inviate dalla Protezione civile di Trento sono entrati e chissà che non riescano a trascorrere sui banchi qualche ora più serena, dimenticando per un po' macerie e dolore. Maestri e professori saranno di grande aiuto e riusciranno a spiegare, quando il tempo avrà fatto il suo corso, che la cultura è importante, che conoscere fa bene, che una nuova vita potrà essere costruita su nuove case e su nuove scuole. Su affetti nuovi o ritrovati.
Cultura da costruire sulle emozioni, la loro, su una sensibilità resa più acuta dai drammatici eventi e più pronta a dare il giusto valore ai pensieri. Un terreno più fertile. Ed è immedesimandosi, per quanto possibile, in queste situazioni e in questi stati d'animo che sembrano ancora più insignificanti le polemiche pseudo culturali di questi giorni, come quella lanciata dalla rete (ma chi è questa rete? Che faccia ha? Quale preparazione?) sulla poesia del Foscolo. La giornalista e scrittrice Natalia Aspesi afferma di non aver mai letto quel sonetto. E allora? Non per questa lacuna la sua cultura è meno vasta, visto che da tantissimi anni ne sta dando prova nei suoi scritti, nei suoi rapporti sociali e nelle sue espressioni professionali. Ma la rete la condanna e la prende in giro. Non hanno un viso e non hanno un nome (e se lo hanno può anche essere inventato) i censori che riassumono fior di ragionamenti in un laconico e molto più semplice «mi piace» o «non mi piace».
«A Zacinto» si studiava alle medie, la si imparava a memoria come altre poesie di altri poeti, forse senza ben comprenderla se l'insegnante si limitava alla parafrasi anziché spiegarla con passione. Perché, in quei versi, c'è l'animo dolente di chi soffre di nostalgia per la terra che non potrà mai più rivedere: «Né più mai toccherò le sacre sponde ove il mio corpo fanciulletto giacque, Zacinto mia?.Tu non altro che il canto avrai del figlio, o materna mia terra; a noi prescrisse il fato illacrimata sepoltura».
Forse proprio questo sonetto del Foscolo più di altri oggi potrebbe toccare le corde dei ragazzi di Amatrice. Ma se nessuno glielo insegnerà sarà lo stesso, l'importante è che imparino ciò che può renderli uomini, con una coscienza critica, consapevoli, preparati ad affrontare il futuro, istruiti ma senza presunzione.
Allora, se diventeranno così, potranno entrare nel mondo senza timore ma con prudenza, riconoscendo di non sapere là dove non sanno ma facendo ogni sforzo per imparare. Se poi, come può capitare, sbaglieranno un congiuntivo, pazienza, riprenderanno in mano il libro di grammatica e di sintassi per darsi una rinfrescata senza l'arroganza di addossare agli altri la colpa di non aver capito. Se poi confonderanno un paese con l'altro, magari il Cile col Venezuela, può essere che non siano stati molto attenti durante la lezione di geografia. Importante è ammetterlo senza cercare scuse puerili pretendendo di bruciare le tappe nella convinzione di essere più bravi degli altri, magari di quelli che per arrivare in cima impiegano un po'di più perché ci vogliono arrivare con tutti gli strumenti necessari. Non solo per fare bella figura, ma soprattutto per non fare danni.
Perché un professionista impreparato può essere nocivo alla società, dall'ingegnere al medico, al giornalista, al falegname, al muratore. Al politico, ovviamente, anche se la politica non dovrebbe essere annoverata tra le professioni.
sandra.tafner@gmail.com