Dove i genitori sbagliano con i figli
Dove i genitori sbagliano con i figli
Che forti i bambini! Recentemente ho avuto modo di apprezzare la loro facilità di apprendimento, la capacità di adattamento, e l’enorme plasticità del loro cervello. Sono come delle spugne, assorbono tutto e imparano con una velocità impressionante. Durante le feste natalizie ho avuto modo di incontrare una famiglia composta dal padre francese, la madre olandese ed il loro figlio Thomas di 5 anni, che per motivi di lavoro, vivono in Italia da sei anni.
Ad un certo punto della serata il piccolo Thommy è diventato l’oggetto della nostra curiosità, in quanto con assoluta inconsapevolezza, mentre era concentratissimo a giocare con un videogioco, quando era interrogato dal padre, rispondeva in francese, interloquiva con la madre in olandese e a me si rivolgeva in un perfetto italiano, con un linguaggio ricco di parole diverse e senza inclinazioni, avendo frequentato la scuola materna in Italia.
Passava con assoluta indifferenza da una lingua musicale come il francese ad un linguaggio ricco di suoni «aspri e duri», quale l’olandese. Ormai l’avrete capito che io penso sempre al cibo e questo bambino mi ha fatto capire, anche se non serviva ricordarmelo, di quanto sia importante intervenire sulle abitudini alimentari dei bambini nei primi anni di vita.
Se vogliamo veramente sconfiggere le epidemie di diabete, obesità, tumori, Alzheimer, eccetera che stanno affliggendo le popolazioni occidentali, dobbiamo iniziare a cambiare il gusto dei bambini fin dai primi anni di vita. Dobbiamo giocarcela tutta nei primi sei anni ed abituare i bambini ad un gusto meno dolce, meno salato, vario e ricco di sapori. È come per le lingue straniere, a 5 anni possiamo imparare tre lingue senza accorgercene, ma a 50 anni diventa una fatica improba anche impararne una sola.
Se un ragazzo a 15 anni è maleducato non saranno certo due ore di lezione sulle buone maniera e sul comportamento corretto che cambieranno il suo modo di agire ed è probabile che a 18 anni ci troveremo a che fare con un teppistello. L’educazione la impariamo copiando i comportamenti dei nostri genitori fin dai primi anni di vita e non studiandola a tavolino. Ed è così anche per le abitudini alimentari.
Passato il periodo dell’allattamento, che dev’essere sempre al seno possibilmente, verso i sei mesi si inizia lo svezzamento.
Il bambino comincia a stare seduto, afferra e porta tutto alla bocca, comincia a mettere denti, ed è sempre più curioso. Gli si dovranno proporre cibi semplici, poco elaborati, variati e adeguati alla sua masticazione. Possibilmente si dovranno usare poco gli alimenti industriali. Sempre meno biberon e sempre più uso di mani e posate. Non sterilizzate ciucci e biberon, i bambini sanno difendersi benissimo da soli dai batteri.
Dopo l’anno il bambino dovrebbe mangiare sempre più assieme alla famiglia e, siccome è molto curioso, dovrebbe arrivare ad assaggiare ogni alimento che arriva sulla tavola di casa senza particolari elaborazioni.
Alla base dello svezzamento si instaurano le prime importanti relazioni.
Il bambino è più furbo di noi e capisce in fretta che i genitori sono facilmente «ricattabili»: meno apre la bocca più la mamma diventa «generosa» e lo asseconda nei suoi capricci.
Il cibo è simbolo di amore, e questo lo sa benissimo anche tutta la pubblicità consumistica che va a toccare le corde più profonde delle emozioni dei consumatori affinché cedano all’acquisto di inutili bevande dolci e gassate, merendine farcite, patatine fritte e, acque in bottiglia, definite addirittura «naturali», come se l’acqua che sgorga dai nostri rubinetti non lo fosse.
È importante informare i genitori che i bambini hanno una capacità di autoregolazione che è immensa e spesso sono le nostre interferenze che causano danni, e devono essere costantemente rassicurati se non vogliamo che tutto venga vanificato dall’ansia e dalla preoccupazione che il loro bimbo non abbia mangiato abbastanza e che abbia bisogno di tanta energia, come spesso recitano numerose pubblicità.
Ma non basta intervenire solo sui genitori, ma dobbiamo coinvolgere anche le educatrici di asili nido e delle scuole materne.
È da alcuni anni che quando mi invitano ad incontrare i genitori di tali strutture io porto avanti quella che ho definito l’«Opzione 0», ovvero negli asili nido e nelle scuole materne non devono più entrare zucchero e sale. In tali sedi, dove tutto diventa un gioco, è importante proporre alimenti e piatti che non contengano zucchero e sale, quelli che oggi vengono definiti i killer bianchi, a causa del loro stretto rapporto con la maggior parte delle malattie croniche di cui sono oggi sono affette le popolazioni occidentali.
Nei prossimi anni, nelle scuole dovremo incominciare a parlare di educazione al gusto, piuttosto che di educazione alimentare e, come sempre, prima si comincia tanto meglio sarà per tutti.