Cercare il bene vero, che non passa
Andiamo a cercare l'uomo! Potrebbe essere questo lo slogan da far campeggiare sul mondo di oggi. Cercare colui che si è perso, perché si è preoccupato di curare troppo se stesso. Ieri che abbiamo celebrato la Giornata della Memoria abbiamo sentito forte questo richiamo a salvare l'uomo da se stesso, specie quando alcune ideologie si spingono oltre il filo spinato della giustizia e della fratellanza. L'umanità deve impegnarsi a riconciliare i suoi figli. A recuperarli lungo le discese dell'odio. È cosa davvero assurda considerare che l'uomo cammina su un terreno minato, reso tale da nessun altro se non da lui stesso. Folle pensare, poi, che egli arrivi ad avere terrore persino di ciò che lui stesso genera con la sua mente e le sue mani. L'uomo che si uccide due volte! «Perché - si sono chiesti, in gruppo alcuni giovani - siamo capaci di inventare tanta violenza?».
È la domanda senza tempo questa sul male. Da dove nasce? Com'è possibile? Come distruggerlo in noi? Ho ammirato la spiegazione che ha dato loro una docente: «Il Male è castigarsi all'infelicità...è il compiacere l'uccisore al posto del Vivificatore...è un cumulo di morte sulla nostra dignità, prima ancora che su quella degli altri». Il male infetta. Il Male spegne. Ma qual è l'antidoto, la forza che può vincerlo? Sta nell'impegno costante a cercare il bene che non passa. Quel bene che è il volto mio nel tuo volto. Mano nelle mani. Passi nei passi. È la voglia di vivere sempre tenuta accesa, come la lampada che scaccia ogni tenebra, ogni orrore. Di tristezza. Di disperazione. Di corruzione. Perché se il male infetta, il bene al suo contrario onora e risana. Acqua che scaturisce dalla roccia, direbbe la Bibbia! Un grido di pace contro la notte più fitta. Il bene che rilancia le sue reti anche dalle ceneri. E riporta in vita. E ripulisce ciò che è stato rovinato, riavvolgendo attorno al cuore le fasce della pace. Rovesciamo il trono dell'arrogante e innalziamo l'umile che è in noi! Ecco è proprio il Magnificat l'antidoto! Il mondo nuovo inizia da qui: dove i superbi sono perduti nei pensieri malvagi del loro stesso cuore e posti in salvo, invece, i buoni dalla loro stessa bontà. L'incontro di Davos, in Svizzera, ci ha dato i parametri. Con chi stare? Per chi lottare? Per chi vuole chiudere le frontiere o per chi sa le custodisce aperte, interagenti, in reciproca crescita. Nell'eterno dilemma, già ben dettato da don Milani: voler uscire insieme dai problemi, è la vera politica! Invece, sortirne da soli sarà soltanto avarizia. Che illude ma non sazia. Da soli, infatti, chi mangia il proprio pane, si sente triste. Quanto è più bello, invece, mangiare e gioire e piangere insieme. Non una nazione che pensa di rendere grandi anche le altre. Ma quel percorso fatto insieme, che rende tutti in cammino, reale, solidale, vero.
È il nocciolo della storia, perché urge eliminare gli ostacoli che abbiamo posto finora all'incontro fra noi e noi stessi, nella verità. Oggi è bello ricordare quello che scriveva san Tommaso d'Aquino, in questa sua festa: «L'amore è la ragione di ogni dono!».
Dove c'è amore non ci saranno mai mani vuote e avare, cuori spenti e induriti, menti maliziose e crudeli. Mai inimicizie, ma armonizzazioni. Sforzi a trovare il punto d'incastro. Così la vita e le nostre relazioni. Perché dove c'è amore, anche il deserto partorisce i suoi fiori più profumati. Nuvole in cielo? No! Ma un cielo in mezzo alle nuove! Come la costellazione dei nostri partiti che si preparano ad affrontare la sfida delle prossime elezioni. Tanti colori. Tante diversità dentro un unico cielo: il nostro Paese! L'approdo è sempre una meta comune di bene collettivo, perché si lotti, insieme, per una Italia più all'altezza della sua bellezza! Progredendo nel lavoro costante di questo campo coltivato da tutti con premura, dove ogni albero di idee e progetti possa portare frutti di cooperazione e di lavoro per tutti. Privilegiando sempre ciò che unisce! Mai ciò che schiavizza.