Un uomo solo dentro la piazza
Un uomo solo dentro la piazza
Era un uomo solo, al comando. Adesso è solo nel suo doppiopetto bronzeo, in una piazza che non porta il suo nome (il Comune di Trento si è ricordato di lui solo nella periferia sud della Clarina). La sua statua è troppo grande, troppo in alto, per essere frequentata dai vivi. Eppure, nei riquadri laterali dell’imponente monumento in granito rosa di Baveno, realizzato dal toscano Antonio Berti, ci sono scene quotidiane di guerra e pace, di vita e lavoro, bambini che giocano. Mezzo secolo fa, le mamme ce li portavano, i bambini, a salire e scendere le bianche scalinate, a toccare le sculture, a familiarizzare con il padre della patria e dell’autonomia. Oggi le mamme stanno dove ci sono i giochi, dall’altra parte del giardino. Danno la schiena all’uomo solo lassù. Neppure lo vedono. Come non lo vedono gli automobilisti e i passanti che navigano nel punto più trafficato della circolazione urbana: gli alberi, seppure non fittissimi, lo tolgono alla vista, lo sottraggono ad ogni possibile pericolo di memoria. E magari di nostalgia.
Perfino gli uccelli sembrano scansarlo: mette soggezione, quell’uomo austero, come da vivo, quando era lo statista più importante e severo d’Italia.
Oggi che il vincitore del 4 marzo si dichiara anch’egli degasperiano, come già non pochi prima di lui, e che gli eredi politici della Dc si sono dispersi come polvere del tempo, forse Alcide De Gasperi meriterebbe di essere restituito alla sua città, tolto dall’oblìo, reso visibile almeno quanto il padre Dante nell’altra grande piazza.
Lui non stende il braccio verso nord, ma alza la mano con un gesto a metà strada tra l’arringa e la benedizione: l’indice verso il cielo, come a ricordare che, in un tempo lontano, il politico cercava ispirazioni dall’alto.
La «scusa» per ricordarlo, oggi che è diventato un’icona super partes, che la sua memoria non è divisiva, che tutti «non possono non dirsi degasperiani», è pronta: l’anno prossimo ricorre il 110° anniversario della sua elezione al consiglio comunale di Trento. E il 2019 è anche l’anno di Matera capitale della cultura: e a Matera c’è un monumento di Winkler all’uomo del nord, all’ex cittadino asburgico che sapeva guardare a sud e decise il risanamento dei «sassi», allora poverissimi e malsani, oggi in rinascita dentro la bellezza irripetibile di quella città esotica come un miraggio.
Liberare la memoria, rendere visibile una statua, restituirla a Trento, può essere piccola cosa, per la politica di oggi: ma a volte riappropriarsi di un simbolo può indurre a nuovo impegno per trasformare il presente, per migliorare la città, per renderla più bella.
Piazza Dante è stata resa più visibile, anche se non è ancora diventata più vivibile. Piazza Venezia, che è già più vivibile, potrebbe diventare un po’ più visibile intorno al monumento degasperiano.
Certo, il manufatto voluto dalla Dc è ingombrante, l’obelisco è più egiziano che trentino, ma la statua ha una sua sobria dignità, e ricorda a tutti che la politica è una cosa seria.
Al contempo, lo spazio semicircolare davanti al monumento si presterebbe a feste di piazza ed eventi musicali amplificati, magari a coprire un po’ il rumore del traffico serale. E a far compagnia al padre indiscusso della piccola patria trentina. Pare che i Degasperi di oggi siano pronti ad avviare una raccolta firme per restituire alla vista della città la statua del Degasperi nato (con il cognome attaccato) il 3 aprile 1881, poi assurto a De Gasperi il grande, l’austero austro-italiano-europeo, il meno italiano dei nostri statisti.