Bambini separati dai genitori, che orrore
Bambini separati dai genitori, che orrore
La speranza ci restituisce a noi stessi, ogni volta, come evento significativo, soprattutto davanti al limite che ci visita a volte piegandoci, altre volte stimolandoci ad andare avanti, con più coraggio e altre ancora soffocandoci nel rovo dell’egoismo. È importante, per questo motivo, affezionarci alla speranza, specie ora che a far da sfondo inquietante dall’altra parte del mondo c’è l’ombra del muro. Sì, la costruzione del muro bramato dal Presidente Trump, lungo il confine tra Stati Uniti e Messico. Resta ancora rattristante l’immagine dei bimbi detenuti e separati dai propri genitori che hanno oltrepassato arbitrariamente la frontiera Usa-Messico. Che orrore: punire i più piccoli per colpire i grandi! È una violenza che si è commessa contro gli innocenti, psicologica, morale, come vera azione crudele, immorale, disumana. Questa non è politica, non è amministrare, né esercitare il ruolo di guida di un popolo. È usare il potere con la logica delle chiusure, alimentando atteggiamenti di ostilità verso gli altri. I muri non sono altro che la visibile dimostrazione che conta più la prevaricazione della solidarietà, più la contrapposizione della comunione.
All’ingresso del monastero benedettino di Subiaco, visitando questo luogo meraviglioso, ricordo di aver notato che campeggiava questa frase: «Soltanto nella profondità della notte le stelle diventano più luminose». Buio e chiarore. L’eterna lotta che trova spazio nel cuore nostro. Ma con la certezza che la notte è giorno quando le stelle brillano. E restano due gli eserciti che portano avanti il mondo: quello delle tenebre e quello della luce. Tu in quale ti arruoli? A quale aderisci? Con quale ti esponi? Non si può restare in mezzo. O da una parte o dall’altra, bisogna prendere parte. Senza ambiguità. Ma con decisione. Tenendo a mente però che ciò che scegli lo diventi!
Ho ammirato la forza con cui il Papa a Ginevra qualche giorno fa è intervenuto nello scenario ecumenico d’Europa. L’unità non è fatta di omologazione, bensì di diversità rese armoniche. Dio, infatti, creò le differenze perchè il mondo fosse a colori e con sfumature inedite. Sento fortemente che nella differenza c’è la sacra sede del canto della terra verso il cielo, con tutte le sue tonalità e i particolari che rendono unico tutto ciò che esiste. La capacità di accordare le distinte forme fa riferimento alla diversità come sorgente e all’unità di esse invece come meta. Di fronte all’insidia delle divisioni, il Papa ha detto che è inderogabile: «calarsi nella storia col passo di Dio, non col passo rimbombante della prevaricazione, ma con quello cadenzato dall’amore verso il prossimo».
All’altro occorre avvicinarsi con questo passo, a piedi nudi, disarmati, delicati. Il rispetto segna le tracce su questo sentiero di incontro in cui imbatterci in pura perdita.
In questo modo san Giovanni Battista, che festeggiamo oggi, è divenuto un maestro perchè predicava nel deserto della Giudea di praticare la giustizia reciproca, perchè era prossima la fioritura del germoglio dal tronco di Iesse, ossia la venuta del Cristo. Sono fiero di portare questo nome assieme ai nomi «Carlo e Maria». Giovanni, per tradizione familiare espressa lungo l’albero genealogico custodito in casa Bregantini che arriva fino agli inizi del ‘600, voleva ad ogni costo Giovanni. Mamma Albina, invece, insistette per Carlo, un coraggioso zio ucciso in guerra dai fascisti. «Maria» invece lo aggiunse il parroco, don Giuseppe Franch.
L’evangelista Giovanni, infatti, nel primo capitolo del suo vangelo parla del Battista come di colui che «non era la luce, ma il testimone della luce che viene da Dio».
Chiunque opera il bene che annuncia è testimone di luce nella notte del mondo. Arriva il Signore e noi non spegniamo gli occhi, le speranze, non innalziamo muri, né tanto meno opprimiamo le vite altrui, ma andiamo incontro con le fiaccole accese dei nostri cuori dilatati dalla fraternità, non permettendo perciò al buio di affermarsi su di noi e contro la dignità della persona. Con il Battista che ci insegna a far scomparire la prepotenza del nostro misero io per far maturare in noi uno spirito di accoglienza verso chi è più grande. E il più grande è sempre chi ha più bisogno di amore e di cura fra noi.