Il Trentino non è solo chiusura
Il Trentino non è solo chiusura
Ci sono parole che attraversano i secoli e arrivano a noi più giovani che mai. Esse attingono alla verità umana più profonda, non a quella del momento. Tali sono quelle della famosa poesia «Nessun uomo è un’isola» del poeta inglese John Donne vissuto quattro secoli fa. Sarà letta prima di ciascuna delle 110 iniziative della Settimana dell’accoglienza che da sabato prossimo 29 settembre a domenica 7 ottobre animeranno città e paesi del Trentino-Alto Adige.
«Nessun uomo è un’isola, intero in se stesso. / Ogni uomo è un pezzo del continente, / una parte della terra. / Se una zolla viene portata via dall’onda del mare, / l’Europa ne è diminuita, / come se un promontorio fosse stato al suo posto, / o una dimora amica, / o la tua stessa casa. / Ogni morte di uomo mi diminuisce, / perché io partecipo dell’umanità. / E così non mandare mai a chiedere per chi suona la campana: / essa suona per te».
Ogni giorno decine, centinaia di persone escono di casa per dare una mano a qualcuno. Rispondono alla campana. Sentono di non poter restare indifferenti. Condividono sofferenze, accompagnano nella battaglia della vita altri esseri umani meno fortunati e più fragili. Vanno in una residenza per anziani, in un centro di accoglienza per rifugiati, in una cooperativa per disabili, in un carcere, in una mensa per persone povere, in una casa che ospita persone in difficoltà. Accolgono i dolori e le speranze degli altri e li fanno propri. Sentono di essere dei privilegiati in salute e in benessere e di non averlo meritato più di quelli che ne sono stati privati dalle vicende della vita. Vedono occhi, volti, lacrime, sorrisi, speranze. Non vedono certificati anagrafici. Sentono che i nostri sono gli altri esseri umani.
Quegli innocenti annegati in mare che sognavano una vita nuova li sentono come fratelli e come sorelle perduti. Pezzi strappati dal nostro continente umano. Sentono il dolore e l’orrore di tutto questo. L’orrore di una politica che non fa quello che dovrebbe fare per salvare quelle vite umane. Sentono la vergogna di appartenere a un tempo e a un popolo che non si vergognano più di questo orrore. Che addirittura se ne vantano. Sentono anche un senso di colpa per non essere riusciti ad impedire tutto questo.
C’è stato un tempo, ottant’anni fa, nel nostro paese, in cui furono approvate delle leggi ignobili che non consideravano un ebreo un essere umano e un cittadino come gli altri. Oggi le ricordiamo con ribrezzo, ma allora furono accolte da un consenso popolare pressoché unanime. Erano leggi ignobili ed ebbero l’appoggio, tacito o esplicito, del nostro popolo. Ma quell’appoggio non poteva trasformarle da ignobili in nobili. Non è il consenso che decide se un atto è nobile o ignobile. Ebbene, coloro, pochi, che cercavano di aiutare gli ebrei venivano bollati come «pietisti», additati al pubblico disprezzo come «pietisti». Oggi vengono disprezzati come «buonisti» coloro che cercano di salvare e aiutare i profughi perché si rifiutano di considerarli esseri umani e cittadini di serie B, se non di nessuna serie, come la maggioranza e i decreti del governo ritengono. Pietisti, buonisti. Ogni stagione politica ha i suoi vocaboli, penosamente simili, con cui irridere all’umanità altrui per giustificare la disumanità propria. Che tale resta. Qualunque vocabolo inventi la propaganda di turno.
La Settimana dell’accoglienza farà emergere quel Trentino e quell’Alto Adige che sono orgogliosi di accogliere. Di aprire la propria vita alle povertà, alle fragilità, alle solitudini sempre più diffuse nella nostra società. Drammaticamente diffuse. Il mondo che viene avrà bisogno di aria pulita, di acqua pulita, di energia pulita se non vuole morire. Ma, se non vuole morire, avrà un enorme bisogno anche di accoglienza. Di umanità accogliente. Di persone che si alzano e rispondono quando sentono la campana. Che non che si voltano dall’altra parte. Che non si chiedono cosa ne pensano gli altri. Ma che si alzano e rispondono.