Sono diventato maestro di geopolitica
Sono diventato maestro di geopolitica
Eccomi tornato. Con la mia rubrica di satira e umorismo. Sono stato un po’ in castigo. Ogni tanto servirebbe a tutti, credo. Fermarsi e scendere aiuta a pensare.
Mi sono reso conto solo in un secondo momento di avere usato parole troppo aggressive, dalle quali è nata una polemica su cui non vorrei tornare. Dopotutto la nostra testa è analogica, procede per azioni e reazioni, stimoli e battute d’arresto. Ho avuto una battuta d’arresto, ora torniamo alle battute divertenti.
Voglio raccontarvi dell’esperienza di questa settimana nel Senato della Repubblica, dove la rivista scientifica Il Nodo di Gordio mi ha invitato per un punto di vista originale (diciamo “da artista”) sugli scenari geopolitici del Mediterraneo. La Geopolitica è una parola che ancora spaventa. Io quando ho gente a cena e voglio che se ne vada dico «cosa ne dite, parliamo di geopolitica?».
Un tempo a fine cena per liberarsi degli ospiti si usavano le barzellette, oggi c’è la geopolitica. Però devo dire che a Palazzo Madama ho imparato molto. Premetto che non è stato facile. Più osservavo le persone intorno a me e più mi chiedevo «che ci faccio io qui?». Ho pensato che mi avessero invitato a parlare per poi far notare la differenza. Era il due aprile, fosse stato il primo mi sarei sentito più a mio agio. Dopo avere ascoltato le lectio magistralis susseguitesi sul palco, forse avrei dovuto avere l’umiltà di rinunciare a prendere la parola… però ho pensato: ma quando mi ricapita di parlare qui? E quindi ho preso la parola.
Devo dire che il bilancio è stato positivo. Finalmente ho la Geopolitica; nel paradosso di un mondo che si allarga ogni giorno di più mentre le distanze tra i popoli si accorciano, la geopolitica ci aiuta a capire le relazioni tra gli Stati. Ad esempio, pensiamo alla via della seta. Negli ultimi anni l’Europa ha trattato l’Italia più da «sentiero del poliestere» che da «via della seta», ma a quanto pare l’aria sta cambiando; e oltre alla via della seta pare che stiamo diventando la via del velluto, del raso e pure del cachemire. Insomma, si torna crocevia dell’economia mondiale. E un incrocio, per evitare incidenti ha bisogno di un semaforo, o una rotatoria.
Anche perché a quanto pare il codice della strada non vale per tutti i Paesi. Senza far nomi, la Francia ci fa la morale per un accordo che abbiamo stipulato con la Cina, mentre loro hanno appena siglato contratti per 40 miliardi. Forse per l’Eliseo, più che una rotatoria servirebbe una circonvallazione. Come direbbero a Roma: «A Macrò! Te pij er raccordo, esci a Kazakistan Sud, attraversi ‘a Flaminia e.. ‘tte levi da’a Cassia!». Che poi non c’è gara, col vino che abbiamo, i francesi li battiamo anche sulla «via della sete». Ma qua si va nell’agro alimentare, ed è tutt’altra storia.