Calenda, il Pd e i Cinquestelle
Calenda, il Pd e i Cinquestelle
Delle volte le storie si ripetono. L’uscita di Calenda dal PD, il giorno dopo che vi era entrato, le prove di scissione da parte di Renzi, il voto contrario al governo della Bonino ... non sono novità ma sono fastidiose. Non perché io abbia il dogma dell’unità delle sinistre in un solo partito, ma perchè non riesco a cogliere in queste divisioni delle ragioni accettabili. Il pretesto è la nascita del governo PD-Cinquestelle che Calenda ritiene inaccettabile, mentre nel caso di Renzi che ha fatto tre salti mortali all’indietro con doppio avvitamento per arrivare a proporre il governo con i suoi nemici, evidentemente il problema è che non è lui a detenere l’esclusivo controllo del nuovo governo (il che conferma la sua propensione al narcisismo disfattista).
Che ci siano tanti nel PD e a sinistra che non condividono l’alleanza con i grillini non c’è dubbio, ritenendoli inaffidabili e in prevalenza orientati a destra come hanno dimostrato nella loro resa a Salvini.
Che gli stessi non votino più PD e abbiano bisogno del nuovo partito di Calenda, o del partito di Renzi, credo invece che non sia così evidente.
Calenda è persona capace e comunica meglio di ogni altro dirigente del PD, ma sbaglia se pensa che i voti presi alle europee siano voti personali e soprattutto sbaglia a rinunciare al PD dopo che si stava delineando al suo interno un nuovo equilibrio, che sintetizzo per comodità Zingaretti-Calenda, tale da accantonare Renzi e i suoi deliri.
Il nuovo governo è più azzardato di quello Salvini-Di Maio, ma era una scelta obbligata. Non si può infatti predicare il bene del paese e poi sacrificarlo in nome della chiarezza consegnandolo a Salvini, o meglio lo può fare una sinistra radicale, non certo un moderato riformista ed europeista abituato al compromesso.
La sinistra storica italiana ha maturato il compromesso storico, salvando il paese ma anche impedendone un cambiamento profondo, e ad esso è stata coerente sacrificando anche più del dovuto le istanze della sinistra pur di partecipare al governo. Era perciò obbligata a provare a isolare Salvini con un nuovo governo, anche se tanti si auguravano che il tentativo fallisse per tornare al voto. Si può non essere d’accordo e al tempo stesso contribuire a costruire una sinistra che recuperi consensi nel paese, evitando di moltiplicare partiti e movimenti.
È assurdo che in nome dell’Europa (Bonino e Calenda) ci si opponga al governo Conte bis, quando l’unico evidente cambio rispetto al governo gialloverde sta proprio nelle politiche europee, come confermano le nomine di Gentiloni e Gualtieri. Possono esserci mille ragioni, ma non l’Europa, per votare contro un governo che punta tutto (rischiando tutto) sull’Europa.
E nemmeno ci si può dividere sul giudizio negativo sulla piattaforma Rosseau e sui proprietari del movimento, perchè tutti siamo d’accordo.
Il problema allora sta nel giudizio che si da del voto ai grillini (e qui Calenda e Renzi la pensano nello stesso modo).
Calenda, riprendendo la sua matrice confindustriale, dice che non ci si allea con chi non lavora, con chi non produce, con chi non realizza infrastrutture ...dando quindi un giudizio che non si limita alla inaffidabilità ma che diventa censura sociale.
A parte il fatto che negli elettori cinquestelle si trova di tutto, un po’ di sinistra, tanto di destra, disoccupati e imprenditori, ceti impiegatizi, operai,lavoratori autonomi, precari, ma tutti insoddisfatti della politica e dei politici e per lo più ferocemente contro l’establishment, la domanda è: perchè questo fastidio verso elettori, e verso i tanti che non votano, che se sono esclusi dal mondo del lavoro o se sono precari in cerca di protezione sociale o semplicemente di cittadinanza, forse lo devono anche alle politiche riformiste della sinistra socialdemocratica che confidava nel patto con il capitalismo e che invece ha finito per sostenere liberalizzazioni e globalizzazioni all’insegna dell’esclusione sociale e dell’aumento vorticoso delle disuguaglianze?
Perché il fastidio verso chi è privo di rappresentanza e la ritrova in un soggetto che non ci piace ma che purtroppo testimonia uno dei fallimenti della sinistra?
Può darsi che i grillini siano destinati alla consunzione, ma non è che il PD stia molto meglio e comunque in quel voto c’è una domanda di rappresentanza che è ancora politica e che tanti altri ex elettori hanno smesso di fare, e che la sinistra ha ignorato preferendo rivolgersi al mondo del merito, delle competenze e delle opportunità, rinunciando alle politiche di cittadinanza per tutti, di lavoro per tutti, di dignità per tutti.
Non voglio dire che il governo giallorosso, che è molto a rischio, rappresenti l’alleanza della sinistra con gli ultimi, magari, perché i privilegiati riempiono anche le fila dei grillini, e può darsi che l’astinenza dal governo o la paura di tornare a casa abbiano giocato un ruolo decisivo, ma almeno il PD è tornato a porsi il problema vero, che non è solo quello dell’Europa dei diritti ma anche quello della società senza diritti.