La scuola a distanza dilata il tempo
La scuola a distanza dilata il tempo
Se lo spazio diviene angusto, può dilatarsi il tempo: è la grande intuizione della scuola in streaming. Migliaia di bambini, ragazzi, insegnanti partecipano alla lezione dalla scrivania in camera, a volte con i familiari.
Spesso è il computer stesso ad essere condiviso, perché i figli sono più d’uno o il telelavoro dei genitori ha la precedenza. La scuola, allora, riempie momenti diversi. Il figlio di una mia amica (quarta elementare) ha un appuntamento fisso alle 20: il maestro ha aperto un canale YouTube, ed invita la classe a collegarsi ogni sera; per sentire, distanti ma nello stesso momento, una fiaba. Ieri parlavo con una collega: insegna alla primaria (quinta elementare) e per i suoi scolari ha scelto la strada della videolezione. Ma è impossibile gestire una conferenza in streaming con venti bambini di dieci anni. Uno si mette in bocca le cuffie, un altro si alza per andare a bere a metà della spiegazione; il terzo muove il tablet in giro per la stanza: vuole mostrare ai compagni il soggiorno di casa.
La collega ha impiegato poco a capire che stare al computer tutti insieme non sarebbe servito a nulla, e ha diviso gli scolari in piccoli gruppi. In videoconferenza incontra un massimo di quattro, cinque bambini; il tutto diventa molto faticoso per lei, che deve ripetere gli stessi concetti quattro volte al giorno, ma almeno i bambini capiscono. E siccome al mattino i computer sono occupati, le lezioni di quinta elementare sono tutte al pomeriggio, dalle 14 alle 19. Oppure il sabato mattina, quando mamme e papà non hanno bisogno del device.
La necessità di spostare i collegamenti al pomeriggio è comune a molti insegnanti, soprattutto alle elementari e alle medie. Dopo pranzo e fino all’ora di cena si è tutti un po’ meno freschi, ma spesso è l’unico modo per consentire agli scolari di essere in diretta, e pazienza per le cuffie masticate.
Mia figlia Caterina è fortunata: a differenza di tanti altri alunni della sua età, lei è in videolezione più o meno con gli stessi orari della scuola pre-quarantena. Al pomeriggio si dedica ai compiti. Le maestre di Silvia seguono la strada del sito didattico: lo hanno inaugurato la settimana scorsa, e nella homepage c’è una bella immagine della lavagna di classe. Ora si sono aggiunte le voci; l’insegnante di Italiano ha regalato ai bambini la propria lettura di una storia a capitoli: è «Una gatta in fuga», avventure di una famiglia siriana che scappa da Damasco. L’avevano interrotta l’ultimo giorno di scuola vera, quando all’improvviso la priorità è diventata dare delle consegne di emergenza, salutarsi, sperare di rivedersi dopo qualche giorno.
L’insegnante di inglese procede con i dettati: «Hello, hello quarta B! È la vostra maestra che vi parla! Siete pronti?». Nel frattempo sono stati attivati gli indirizzi mail anche per i bambini della primaria, e quindi le insegnanti inviano correzioni individualizzate. «Ci manchi, Silvia. Ci mancate tutti» hanno scritto pochi giorni fa. Mia figlia di mezzo è ruvida, chiassosa, caparbia. Solo occasionalmente tradisce qualche umana debolezza: «Mamma - mi ha detto ieri, con un calzino infilato e uno no - la maestra mi ha mandato un messaggio bellissimo commentando il mio compito di scienze. Ma io mi sono messa a piangere, perché avrei voluto che quelle cose me le dicesse di persona».