Cara Sara, la verità è ancora lontana
L’editoriale del direttore dell’Adige sulla ginecologa scomparsa
TRENTO. Cara Sara, ti immagino lontana. In un silenzio quasi certamente sconfinato e tristemente eterno. Col tuo dolore. Con l'amore di chi ha saputo abbracciarti, starti vicino e comprenderti e con il distacco (stavo scrivendo con il rancore, ma ci sono parole che, anche in un momento drammatico come questo, non si possono pronunciare) di chi probabilmente non ha saputo capirti, ascoltarti e confortarti nei momenti di buio.
Forse, viceversa, ingigantendoli, quegli attimi intrisi di disperazione e di sconforto, quei momenti terribili che ti hanno allontanato da una comunità che non ha saputo proteggerti. Ti scrivo con il desiderio di capire, con gli occhi e i pensieri alla tua famiglia e a quanti cercano risposte che forse non arriveranno mai.
Non amo i processi di carta. Ritengo sbagliate sentenze preventive e pregiudizi. Ma so che non potrai leggere questa lettera, né seguire una vicenda della quale sei stata, tuo malgrado, protagonista. Nessuno, inutile negarlo, immagina che tu possa essere ancora viva. Ma tutti vogliamo capire che ne è stato: della tua vita, dei tuoi progetti, dei tuoi sogni, del tuo lavoro e di quel sorriso che in ogni foto ci mostra un lato della tua esistenza, un fulmine delicato di luce e di gioia. Ma di luce e di gioia qui non ce ne sono proprio più. Sotto i riflettori, ma tu non puoi saperlo, c'è chi - secondo la tua famiglia e a detta di chi ti ha conosciuto bene - non avrebbe saputo ascoltare le tue denunce e quelle di chi ha, come te, preferito andarsene, sentendosi spesso inascoltato. Sott'accusa c'è quello che sembra un sistema, un andazzo, forse persino un metodo.
Dico sembra, perché la verità è che non sappiamo nulla e i protagonisti di questa vicenda faticano - per ragioni diverse - a parlare. Alcune persone l'hanno però fatto con Patrizia Todesco e con Marica Viganò e con altri nostri colleghi. Ne è uscito un quadro inquietante, fatto di dubbi, di dolori, di paure. Una cosa sappiamo: che tu, da sola, te ne sei andata. In ogni senso. E nessuno sa spiegarci con chiarezza cosa sarebbe capitato prima e cosa stia capitando ora, visto che il tuo ex primario è in ferie forzate e visto che il nuovo direttore dell'azienda sanitaria si è dimesso caricandosi sulle spalle colpe certo non sue (è arrivato da troppo poco) e decisioni da lui maturate invece in solitudine (troppa?), come quella di confermare chi guida il reparto oggi finito nel mirino. È una sentenza comunque, quella di queste ore.
Perché confermando il tuo ex capo nell'incarico di primario, il direttore dell'azienda sanitaria lo ha di fatto assolto (e poco conta il gioco delle date, visto che di questa situazione, come emerge ora, si parla da anni). Allontanandolo, se avesse assunto questa decisione (auspicata dalla politica), l'avrebbe invece condannato senza appello. Ma le sentenze acquisiscono spesso un senso quando se ne leggono le motivazioni. Invece qui, le motivazioni latitano.Siamo prigionieri del silenzio. Incapaci di aiutarti prima e, di questo passo, temo anche dopo.