L’urlo di Draghi era necessario
Se serviva una conferma, è arrivata. Un pezzo di Paese ha bisogno di un secchio di parole gelate in faccia per svegliarsi. Il presidente Draghi ha usato parole pesanti nei confronti di chi non si vaccina e ha alzato l'asticella: chi non si vaccina non avrà più gli stessi "diritti".
Sempre ammesso che fra i nuovi diritti fondamentali vi sia quello di andare al bar, al ristorante, al cinema o a teatro e in palestra (tutti luoghi che hanno bisogno di ripartire, ma in sicurezza). I risultati parlano. Anzi: gridano. Esattamente come ha fatto il capo del nostro governo. E l'Italia recalcitrante corre a vaccinarsi, si prenota e si mette in coda. Agli esperti di dinamiche sociali, il compito di capire se il terrore di bere un aperitivo in meno sia (curiosamente) superiore rispetto a quello di contrarre il virus. Ma il risultato è già evidente. E confortante. Ribadire che vaccinarsi significa salvare la propria vita, quella dei propri cari, nonché quella dei colleghi e del resto della comunità, e aggiungere che chi si vaccina ha dei "vantaggi" che invece non ha chi si ostina a non vaccinarsi, non dovrebbe essere necessario.
Ma ormai sappiamo come siamo un po' tutti: "sentiamo" le cose solo quando ci toccano da vicino. E a volte ci serve anche una strigliata.
Allo stesso modo non va sottovalutata la protesta di chi, legittimamente nel caso ad esempio dei baristi e dei ristoratori, non si sente un controllore o un poliziotto. Peccato che a riempire le piazze in queste ore sia stato un popolo molto più variegato. Quando sale la protesta, la piazza si riempie di ogni cosa, di ogni colore, di ogni disagio reale o presunto. E in prima fila arrivano più movimenti, a cominciare da chi vuole cavalcare le paure per farne voti.
Ma è un collante che alla lunga non tiene, quello della protesta un tanto al chilo.In tal senso, l'urlo garbato di Draghi è servito molto anche a scuotere una politica che pensava di poter intrappolare nei soliti giochi e nelle immancabili litanie questo presidente che in parte ricorda un alieno giunto da un mondo altro e lontano. Draghi sente di avere la fiducia degli italiani e quella di un presidente della Repubblica che ha intenzione di restare tale fino a febbraio (e forse oltre, se davvero questo tempo inquieto dovesse quasi imporgli di fermarsi un altro po' al Quirinale). E tanto basta.
Nel senso che può prescindere dai malumori pentastellati sulla riforma della giustizia. Può ignorare i mal di pancia leghisti (e di fratelli e sorelle d'Italia) sui vaccini. Può andare oltre i timori del Pd e di molti altri rispetto al disegno di legge Zan. Il presidente imprevedibile non ha insomma bisogno di conquistare elettori. Cerca semmai di prendere per mano gran parte degli italiani mentre il sentiero si fa stretto. Draghi fa dunque bene a non farsi ricattare dai giochi di palazzo.
L'Italia ha bisogno di un uomo libero (anche di prendere decisioni impopolari) e stimato come pochi in Europa e nel mondo. La sua faccia è in fondo la nostra faccia. Non giochiamocela confondendo i diritti individuali con quelli collettivi.