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Da Hanoi a Saigon: cinque amici in bici/2

Cronache di un viaggio che è anche tributo: da nord a sud del XVII parallelo, segnato ancora dagli echi della storia

LA GALLERY/1 I colori di Hanoi
LA GALLERY/2 Bici, fiumi e...

Le strade si dividono per pochi giorni. Luca, Enrico e Stefano vireranno verso Ovest lungo un itinerario ad anello da Hanoi a Ninh Binh, attraverso le zone rurali del nord ovest. Lionello e Bob optano per la Baia di Ha Long, patrimonio Unesco da qualche anno (uno di quegli scenari esotici che qualcuno ha sicuramente inserito in un puzzle).

La baia di Ha Long si mostra all’improvviso come un luogo segreto, dove i sogni si mescolano alla realtà; così appare al turista viaggiatore, una volta lasciato l’affollato porto d’imbarco. È uno dei luoghi più iconici della terra, come Huluru in Australia, il Grand Canyon in Arizona o le nostre Dolomiti (quando le vedi e le tocchi per la prima volta in quota non sembra vero e si desidera ritornarci). La baia è riservata alla navigazione turistica e non ci sono altre imbarcazioni o natanti, né altri modi noti ai mortali per visitarla: solo battelli per le escursioni. Pur essendo Ha Long una industria turistica, anche a noi (che preferiamo la strada, l’improvvisazione) questa modalità silenziosa e rispettosa dell’ambiente naturale è piaciuta. Sì, perché nella baia regna il silenzio, una luce azzurra di giorno e dorata di sera che pare rallentare il tempo.

Tutto è organizzato con precisione e i battelli (ce ne sono anche di tradizionali, interamente di legno), sono allestiti con massima dovizia. Non siamo abituati a questi lussi, ma l’ambiente delle navi non ostenta esclusività ed è tutto sommato una esperienza popolare, come tutto in questo Paese fino a questo punto del viaggio. E così, chiedono a Lionello e Roberto di cantare “Bella ciao” e tutti gli ospiti del battello seguono il tempo con le mani.

Destinazione Saigon: prime pedalate in Vietnam, un festival di colori

Proprio vero: italiani chitarra e…, però funziona. Si attacca facilmente bottone con gente proveniente da tutto il mondo; chiedono dell’Italia e del significato della canzone, che è conosciuta a livello internazionale. A parte alcuni uomini d’affari indiani molto simpatici, gli ospiti del battello sono tutti del ceto medio, tutti incantati dall’atmosfera onirica del luogo. Ci si intrattiene con piacere. Conosciamo una coppia argentina, Daniela e Ricardo, cordialissimi. Lei discende da famiglia siciliana e sta portando avanti le pratiche per diventare anche cittadina italiana. Nonostante la differenza d’età, sembra che il divario scompaia nella nebbia di Ha Long del 24 gennaio. Si ride, si fanno foto, ci si conosce, si scambiano account. Ci si rivedrà poi per caso nella movida della sera rientrando in Hanoi.

Destinazione Saigon in bici/2

Nel frattempo, Enrico, Luca e Stefano, lasciato il traffico di Hanoi (che per gli amanti della bici è come una specie di terapia Zen alla rovescia), transitano on the road nelle zone rurali ad ovest, dove l’agricoltura tradizionale mostra trattori e bufali nelle risaie intrecciati a saluti gentili. Si susseguono, dopo la città, centinaia di esercizi commerciali e opifici artigianali aperti sulla strada, come da noi un tempo. La campagna pacifica è purtroppo macchiata dal fumo dei fuochi accesi. Addentrandosi nei villaggi interni il turista è una rarità, un evento che attrae soprattutto i giovani, anche perché le nuove generazioni imparano l’inglese a scuola. Anche persone anziane si dimostrano curiose, se si accenna un sorriso viene corrisposto.

Nei campi molte donne al lavoro. Poi la disavventura in una remota valle; l’atteso imprevisto si affaccia sulla strada del pellegrino, preannunciandosi con la curiosità dei bambini che fanno da scorta in bicicletta. Forse l’accentuata espansività del gruppo ha attirato l’attenzione. Arriva un signore in borghese, che non si identifica come poliziotto, il quale informa che la zona è interdetta. E si fa seguire fino al posto di polizia.

Fotocopia del passaporto. Che succede? Il capo della polizia, qualificatosi, e facendosi capire con il traduttore, spiega il problema: zona proibita per i turisti (non c'erano avvisi sulla strada!). Chiede, con garbo, di cancellare tutte le foto; nella stazione di polizia un enorme monitor con i riquadri di numerose telecamere di sorveglianza della zona. Comunque, a proposito di fuochi, questo era di paglia, e si riparte “con l’anima in spalle”, con l’entusiasmo vacillante e ridimensionato e si trova una sistemazione per la notte. Nel frattempo si sente il nostro riferimento in ambasciata, Nguyen Viet Luong, che non si spiega quanto accaduto, ma comunque tranquillizza il gruppo.

Si decide, quindi, di allontanarsi dalla zona rivedendo un po’ i programmi. Si buca due volte. Succede! In uno sperduto resort, all’interno di una riserva naturale, diventa prezioso l’aiuto di una ragazza che trova un posto per la notte, finalmente si trova una sistemazione. Anche qui al resort, confermano che l’accaduto della polizia è un evento singolare e poco comprensibile. Chissà? Un po’ di mistero, avventura pure questa. Le conversazioni serali restituiscono l’entusiasmo iniziale. Il giorno dopo si decide di guadagnare strada sulle vie principali e si trova una non troppo comoda sistemazione: letti senza materassi e copertina simbolica; sulla strada non sempre è domenica.

Tuttavia paesaggi rurali bellissimi si susseguono a campi coltivati e colline lussureggianti. La strada si fa sempre più stretta e si arriva in montagna, Parco Naturale di Vuon Quoc Cuc Phuong, all’interno di una grande valle che si restringe sempre più, lunga una ventina di km. Sistemazione anche qui spartana (niente energia elettrica e connessione), si cucina alla luce delle torce. Va bene così anche se piove e la doccia è fredda.

Mattina del giorno dopo: si ristabilisce il contatto con Lionello e Bob e si arriva a Ninh Binh, durante il pomeriggio e dopo una lunga pedalata in un clima di burrasca che tempra lo spirito del ciclista avventuroso. 25 gennaio (Roberto e Lionello) Verso Ninh Binh, che si trova a circa 100 chilometri a sud di Hanoi. Siamo carichi. Con le biciclette imbottite di tutto il nostro bagaglio, sfidiamo il traffico mattutino di Hanoi. Sembra di fare la corrida. Ai semafori, col verde, migliaia di scooter, molti oltre ogni immaginabile norma del codice della strada, ci sfiorano a pochi centimetri come alla partenza di un gran premio di formula uno.

Mai esitare. Ormai ci siamo integrati e, nonostante il peso dei nostri mezzi, facciamo nostro il proverbio inglese per cui a Roma bisogna fare come i romani. Poi progressivamente, dopo due ore sui pedali, il traffico scema un po’: stiamo lasciando Hanoi, dove lasciamo anche un po’ del nostro cuore. Scegliamo un itinerario rurale, qui è una bellezza pedalare. Passiamo in mezzo a risaie e allevamenti di oche (mai viste così tante, ma tante oche) e tra centri abitati dove tutti ci salutano. È sabato e siamo vicini al Tet, il Capodanno vietnamita. I bambini oggi non sono a scuola e te ne accorgi perché giocano ovunque. Anche ai margini di una superstrada. Alcuni ci scortano in bici. Nelle zone rurali è difficile capirsi, perché fuori dalle mete turistiche, in pochi parlano l’inglese; ma ugualmente è come parlare la stessa lingua. I bambini: gioiosi e gioviali si mettono in posa per farsi fotografare e i genitori contenti che lo facciano. Tutto questo fa pensare a noi che viviamo in un mondo piuttosto alterato (ndr) dal tabù della privacy. Sulla strada, verso mezzogiorno, ci viene in mente di fare una pausa, anche se non è facile fermarsi quando ti si presentano novità ad ogni chilometro.

Nel villaggio di Chi Bai, con l’aiuto di un traduttore, chiediamo dove sia possibile mangiare. E così, cotti a puntino dopo 4 ore di strada, passiamo davanti ad un ristorante tradizionale e veniamo invitati ad entrare. Ci aiutano a sistemare le biciclette; si mangia Pho, pietanza tipica vietnamita. Dentro, alcuni tavolini e tanti sorrisi nei nostri confronti. La cucina è all’aperto lungo il marciapiede. Il profumo è delizioso. Facciamo la conoscenza di Quinh Nguyen, una giovane e bellissima mamma di un bambino di nome Tom. Una scena da film perché, dopo aver mangiato da Zeus e pagato 160.000 Dong (meno di 8 euro), veniamo invitati a posare in una foto di gruppo con tutti i parenti e a prendere in braccio il piccolo Tom. Sembra di essere a casa. Ci trattano come parenti e, pur consapevoli che probabilmente non ripasseremo molto presto di lì, ci invitano a tornare, col cuore.

Mentre ci facciamo fotografare con tutta la famiglia davanti al locale, si avvicinano altre persone curiose e sorridenti. Questo è la cosa più preziosa di questo viaggio: il sorriso genuino della gente, commovente. Passiamo oltre: nota grigio scura. Il grande neo del Vietnam è la qualità dell’aria. A parte lo smog da idrocarburi combusti sulle arterie principali e nei centri abitati, nelle campagne si brucia di tutto. Fuochi accesi e resti di falò macchiano il paesaggio incantevole e diffondono un profumo alla diossina da sballo. Qua e là, anche cumuli di rifiuti lungo le strade: un peccato! Nota rosa: le donne vietnamite non hanno timori a socializzare con gli stranieri. Sono assertive e coraggiose. Sembra che l’orgoglio del popolo vietnamita sia un po’ al femminile: le loro madri e nonne hanno combattuto con coraggio inesauribile; la parità dei sessi è l’orgoglio nazionale e si respira. Nessuna referenza o traccia di servilismo; solo franchezza e cortesia diretta. Arriviamo a Ninh Binh e poi a Tam Coc di notte; hotel confortevole.

Stanchi, ma strafelici, andiamo a dormire. Mattina del 26 gennaio (Bob e Lionello) Piove, le strade sono sferzate dal vento. Fa un po’ freddino. Perfetto! Il centro abitato è un po’ anonimo, pieno zeppo di pub per turisti occidentali, farmacie, barbieri e centri per massaggi. Non avendo impegni particolari, si decide di visitare Tam Cốc – Bích Động, patrimonio mondiale dell'UNESCO: un sistema carsico di grotte allagate e templi di montagna. È questo il tesoro che offre la zona. La zona, vasta qualche chilometro, è immersa in un ampio ambiente lacustre navigabile tra verdissime risaie e faraglioni rocciosi simili a denti ciclopici, alti qualche centinaio di metri. La zona non è visitabile autonomamente e quindi dobbiamo fruire di un servizio a misura di turista. Centinaia di barchette sono ormeggiate al molo e numerosi accompagnatori sono lì in attesa di visitatori visto che oggi il clima non è dei migliori. Facciamo il percorso accompagnato da una anziana signora che rema azionando dei remi convenzionali con i piedi!

Non si sa come, ma qui in Vietnam si può fare. Lo scenario naturale è incantevole, anche se il modello organizzativo e promozionale intorno fa un po’ Disneyland. Nota positiva: il clima ci consente di scattare belle foto senza il timore di inquadrare qualche turista colorato in abiti da spiaggia. Nel pomeriggio la Réunion del gruppo con cena a base di anatra arrosto, noodles fritti vietnamiti e leccornie varie più Hanoi beer, dolce e leggera e tante esperienze da raccontarci. 27 gennaio 2025 Mattina relax. Luca ed Enrico in barca, dedicano questa mattina a Tam Cốc – Bích Động, che torna a popolarsi di piccole barche in processione. Credo non esistano altri posti al mondo dove una barca proceda “a piedi”. Stefano, Bob e Lionello in giro in bici fino alla scalinata di 500 gradini di Hang Mùa. Un luogo molto suggestivo; uno spettacolare paesaggio al quale cominciamo a fare l’abitudine. I gradini sono alti fini a 50 centimetri, ma la folla si accalca e non demorde. C’è il sole. I turisti si riversano all’aperto.

Due foto e via, felici di uscire dall’ingorgo e poi… buchiamo due volte. Torniamo al villaggio per preparare gli imballaggi per le bici. Questa notte sarà in treno, per la bellissima Hue. Ueeeeh! P.S. 1 In stazione di Ninh Binh ci attende il solito atteso imprevisto da manuale. Varchiamo la stazione, affardellati, con al seguito i 5 enormi scatoloni contenenti le bici. Tutto ciò allarma lo staff della stazione: non è possibile caricare le bici sul treno per Hue. Un po' di concitazione e sgomento, poiché la prenotazione comprendeva anche il trasporto delle bici. Enrico, con calma serafica e buona diplomazia, prende in mano la situazione e alla fine il personale della stazione diventa collaborativo e ci permette di caricarle su un treno successivo. La vicenda si conclude con una bella foto collettiva, compreso lo staff della stazione. P.S 2 Lionello e Roberto, qualche giorno prima ad Hanoi, hanno incontrato un funzionario vietnamita che lavora all'ambasciata italiana: Nguyen Vietluong. Nguyen Vietluong ha studiato alla facoltà di Economia a Trento; i suoi figli studiano rispettivamente all'Università di Trento e di Bolzano. Ci accoglie presso “Casa Italia”, una struttura istituzionale che promuove lo scambio culturale e commerciale fra Vietnam e Italia, con sede proprio di fronte all'Ambasciata italiana. All'interno si trovano le icone di molti brand italiani e foto di capi di Governo e ministri italiani recatisi lì in visita. Avvertiamo le molte affinità fra i due Paesi. Qui beviamo il primo caffè espresso.

Grazie a Nguyen Vietluong!

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