Punti nascita di valle è una lenta agonia
Nuovo campanello d'allarme per i punti nascita periferici in Trentino. La nuova direttiva dell'Azienda sanitaria prevede per gli ospedali periferici solo parti fisiologici e il primario di ostetricia e ginecologia di Arco, Arne Luehwink, ha preso alla lettera il contenuto della delibera e ha annunciato che, a partire da venerdì prossimo, non ci saranno più parti cesarei programmati in reparto e tutte le gravidanze con un minimo rischio saranno trasferite a Trento e Rovereto. Una sorta di anticamera della morte del reparto visto che così i parti rischiano di crollare da 500 a 250. Un destino che potrebbe accomunare anche gli ospedali di Cles, Cavalese e TioneI tuoi commenti
TRENTO - «Negli ospedali di valle solo parti fisiologici»: questo era stato deciso nei mesi scorsi dall'Azienda sanitaria e confermato, a novembre, in una riunione di dipartimento. Alla luce di questa nuova direttiva il primario di ostetricia e ginecologia di Arco, il dottor Arne Luehwink, ha inviato, nelle scorse ore, una lettera a tutto il personale dell'ospedale informandolo di una decisione presa all'interno del reparto: quella di attenersi alla lettera al contenuto della delibera. Il risultato è che da venerdì prossimo non ci saranno più parti cesarei programmati in reparto e tutte le gravidanze con un minimo rischio saranno trasferite a Trento e Rovereto. Una sorta di anticamera della morte del reparto visto che in questo modo i parti potrebbero arrivare a crollare anche del 50%, passando quindi da 500 a 250.
Di fronte alle nuove direttive, però, il primario non se l'è sentita di andare avanti come se nulla fosse. «Il mio auspicio è che si arrivi anche a una decisione coraggiosa, che vada o nel senso di punti nascita qualificati, che rispettino gli standard dei requisiti minimi internazionali e nazionali, o verso la forse dolorosa ma definitiva chiusura del punto nascita di Arco e delle altre periferie del Trentino. La decisione non spetta a noi o a me, ma - data la situazione - farò di tutto per risparmiare alle pazienti dell'Alto Garda e Ledro e al personale dell'Unità operativa di ginecologia ed ostetricia di Arco la continuazione di un percorso ambiguo per le pazienti e dequalificante per il personale, uno stillicidio senza sicurezza e senza prospettive», si legge nella lettera interna inviata al personale dell'ospedale.
Come detto al centro della questione c'è la dicitura «parti fisiologici», gli unici rimasti di competenza dei punti nascita periferici (Arco, Cavalese, Cles e Tione). Definizione rigida, ma nello stesso tempo piuttosto ambigua visto che il 50% delle complicanze in fase di parto avviene in gravidanze fisiologiche e quindi il tenere in periferia queste partorienti non annulla i rischi di partorire in ospedale di valle non a norma.
La decisione presa dal direttore Luedhwink e dal suo reparto è decisamente drastica.
«Significa anche che non potremo più eseguire tagli cesarei programmati e che dovremo inviare anche tutte le pazienti già ricoverate, che sviluppano una patologia o che necessitano una induzione del parto. Certamente - come negli anni passati - continueremo a essere sempre attenti e disponibili a intervenire nelle situazioni critiche in cui responsabilmente non si può più trasferire senza mettere a rischio madre e nascituro», si legge nel documento.
Per il primario, però, è evidente che il «messaggio di imminente chiusura del punto nascita (perché è chiaro che chi si rivolge a un ospedale con un discreto rischio di essere trasportato altrove deciderà di rivolgersi direttamente a un'altra struttura) è concreto e questo ci dispiace tantissimo. Ma certamente comprenderete che, con una norma che ci obbliga letteralmente a espletare solo parti fisiologici, è impossibile continuare la nostra attività di routine».
È evidente, per chi conosce il modo di lavorare di quello che è anche il responsabile del centro di Procreazione Medicalmente Assistita di Arco, che la decisione non ha fini «distruttivi», ma che la speranza, come scrive il professionista nella lettera inviata anche al direttore dell'ospedale, è che «le regole, quando si conviene che non sono costruttive, possono anche essere cambiate» e «che le direzioni aziendali realizzino che applicando questa norma si procederebbe più o meno direttamente alla chiusura del punto nascita di Arco e di tutti gli altri periferici. La decisione che abbiamo preso non mi rende felice, ma mi sono dovuto convincere che attualmente non abbiamo delle alternative. Forse sarà questa l'occasione per instaurare anche un processo chiarificatore di quale disegno si voglia dare la provincia per i luoghi del parto».
Tutto naturalmente ruota sempre intorno alla sicurezza, ai requisiti minimi e agli standard nazionali che parlano di almeno 500 parti annui. Numeri raggiunti da Arco e Cles, ma non da Cavalese e meno che meno da Tione. Ad Arco, come a Tione, manca però un altro importante obbligo che è quello del servizio pediatrico di 24 ore. Inoltre in tutti gli ospedali periferici non esiste la guardia ginecologica, come invece è previsto dal documento nazionale sui criteri minimi.