Testamento sotto dettatura, addio alla casa in eredità

di Sergio Damiani

Un'anziana zia morta nel 2010 senza lasciare figli, ma con un patrimonio che alimentava appetiti. Due testamenti, l'ultimo che di fatto tagliava fuori la nipote per anni prediletta dall'anziana parente. Il dubbio - oggi trasformato dal giudice di primo grado in fatto accertato - che le ultime volontà della povera donna fossero state in qualche modo suggerite, quasi imposte. Gli ingredienti per un contenzioso, una vera guerra ereditaria, c'erano tutti anche se la posta in gioco non era l'eredità Agnelli, ma una casa a Lavis e modeste somme sul conto corrente.
L'esito è stato sorprendente perché è in genere molto difficile "scardinare" un testamento olografo, cioè scritto di proprio pugno dal defunto. È complicato perché un testamento è valido fino a prova contraria, cioè l'onere di dimostrare che è falso o è stato coartato ricade sulle spalle di chi ne chiede l'annullamento. Eppure talvolta accade: nei giorni scorsi il giudice Giuliana Segna ha dichiarato la nullità dell'ultimo testamento lasciato dalla novantenne di Lavis, l'atto che individuava come principali beneficiarie altre due nipoti, che già si sono intavolate la proprietà della casa appartenuta all'anziana zia. In sostanza, non solo l'anziana quando scrisse le sue ultime volontà, con un testamento scritto nel novembre del 2009 che cancellava il precedente del 2001, non era nel pieno delle sue facoltà mentali, ma sarebbe stata in qualche modo coartata a farlo.
A promuovere la causa civile attraverso l'avvocato Roberto D'Amato era stata la nipote di fatto esclusa dall'ultimo, contestato testamento. L'attrice sosteneva che l'atto non era valido perché l'anziana zia sarebbe stata forzata a modificare le sue volontà. È difficile spiegare in poche righe un contenzioso complesso, durato tre anni solo per il primo grado. Decisivi sono stati periti e consulenti tecnici, sia medici legali, sia grafologi. Secondo il consulente nominato dal giudice, lo psichiatra Eraldo Mancioppi, la zia quando scrisse l'ultimo testamento nel 2009 non aveva piena capacità di volere e anche le sue capacità cognitive erano indebolite. A queste conclusioni il perito era arrivato dopo aver ascoltato i medici che avevano assistito in vita la defunta e studiando la corposa documentazione sanitaria in atti.
Un altro colpo letale all'ultimo testamento è arrivato da una seconda perizia, questa volta grafologica. Anche questa analisi è stata sollecitata dall'avvocato D'Amato che già aveva in mano una sua consulenza che svelava con quale atteggiamento psicologico la zia avesse scritto le sue ultime volontà. Anzi, per meglio dire le volontà di altri. Il consulente nominato dal giudice, la grafologa veronese Laura Capisani, ha infatti confermato che il testamento era certamente olografo, tuttavia dal tratto emergevano gravi difficoltà cognitive. Inoltre dalla scrittura traspariva che qualcuno aveva diretto la volontà della testatrice.
A questo punto l'esito del giudizio civile appariva segnato. E infatti la sentenza ha fatto piazza pulita del testamento del 2009. Non è un giudicato definitivo, ma per le due nipoti ansiose di eredità si prospetta un disastro: non solo dovranno restituire alla vera nipote prediletta la casa, ma sono state condannate anche a pagare un risarcimento per il mancato utilizzo del bene in questi anni (circa 25 mila euro), più le spese legali di controparte che vista la complessità della causa saranno salate.


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