Nella casa del vescovo i profughi siriani in fuga
La curia tridentina apre le porte della residenza estiva dell’arcivescovo per accogliere una trentina di profughi siriani
La curia tridentina apre le porte della residenza estiva dell’arcivescovo per accogliere una trentina di profughi siriani. Il loro arrivo in Trentino è legato al via libera del governo Renzi all’apertura di un canale umanitario straordinario - il primo in assoluto - e mettere in protezione straordinaria un gruppo di famiglie siriane, che attualmente si trovano in un campo profughi del Libano. In Italia sono attese 150 persone in tutto, 29 delle quali arriveranno entro febbraio nella città capoluogo.
A chiedere l’impegno della giunta provinciale nel sostenere il progetto di apertura del canale umanitario con il Libano, e dunque mettere in protezione queste famiglie fuggite dalla guerra in Siria, è un gruppo di consiglieri appartenenti agli schieramenti più diversi. Primo firmatario è Mattia Civico (Pd), ma il documento è sottoscritto sia da esponenti di maggioranza, sia da consiglieri appartenenti ai gruppi di opposizione, da Progetto Trentino al M5s fino ad Amministrare il Trentino.
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Da quattro anni sette famiglie, molte delle quali imparentate tra loro o con un legame di amicizia precedente, vivono in un campo profughi della regione dell’Akkar, a una manciata di chilometri dal confine siriano. «Sono scappate insieme da Homs, la città al di là del confine rasa al suolo dalla guerra. Tutti loro hanno perso la casa» racconta Marta Matassoni, roveretana di 24 anni che con queste persone ha trascorso lunghi periodi nel campo, assieme ad altri volontari di Operazione Colomba. Tra i 29 persone, ci sono diciotto bambini, dei quali quattordici sotto i sette anni: alcuni di loro sono nati nel campo, l’ultimo due settimane fa. «Vivono in tende di nylon, che non proteggono dal gelo d’inverno e aumentano il caldo d’estate» racconta Marta, che a gennaio tornerà in Libano per organizzare il trasferimento in Trento.
In questi anni, Aburabia, il capo famiglia, ha costruito una piccola scuola, dove a turno con altri volontari, insegna ai bambini del campo a leggere e a scrivere. Gli abitanti coltivano ortaggi nel terreno circostante ed escono raramente dal campo, per paura. E tutto, intorno, li fa sentire indesiderati: «Durante la mia permanenza nel campo, ho avvertito una profonda mancanza di umanità nei confronti dei profughi, per questo l’associazione di cui faccio parte vuol far sentire la propria presenza, senza tuttavia portare aiuti in denaro. Noi viviamo assieme a loro, come loro». Sono assistiti dalle Nazioni Unite, registrati e conosciuti dall’Unhcr, ma ora in Libano la situazione è arrivata al collasso. Basti pensare che il Paese accoglie in questo momento quasi un milione e mezzo di profughi siriani, su un totale di 4 milioni di abitanti.
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La decisione di proporre alla Provincia di sostenere l’arrivo e la permanenza dei profughi in Trentino, è arrivata quando la situazione è diventata insostenibile. «I militari hanno distrutto alcuni campi vicino a quello dove vivono le famiglie che abbiamo conosciuto - racconta la giovane volontaria con grande trasporto - Così molti profughi hanno iniziato ad imbarcarsi di notte dal porto di Tripoli, verso le coste della Turchia. Le notizie di dispersi in mare sono all’ordine del giorno, e per evitare che anche i nostri amici scegliessero il mare come via di fuga, abbiamo preferito mobilitarci».
La Curia avrebbe dato la propria disponibilità ad accogliere i profughi a villa San Nicolò, casa di preghiera e residenza estiva del vescovo. L’accoglienza sarà sostenuta invece dalla Provincia, qualora in consiglio provinciale passasse - come è probabile - l’emendamento alla legge di stabilità sostenuto dalle varie forze politiche.
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