La movida a Trento oggetto di tesi «Serve più dialogo tra le parti»

«Servono dialogo e confronto tra le parti»

di Matteo Lunelli

[[{"type":"media","view_mode":"media_large","fid":"809556","attributes":{"alt":"","class":"media-image","height":"480","style":"float: right;","width":"336"}}]]Feste, divertimento, giovani, locali, residenti, esercenti, politica, giornali e forze dell’ordine, tutti pezzi di un unico puzzle. Un puzzle che prende il nome di movida e che da anni, a Trento, non si riesce mai a concludere.
Chi ha provato a dare un senso a tutti questi tasselli è stata Sara Michelini, ormai exstudentessa venticinquenne (saranno 26 tra tre settimane) di Borgo: si è laureata in Sociologia con una tesi dal titolo «La Movida a Trento: analisi, riflessioni e proposte di mediazione sociale». Una ricerca che diventerà anche pubblicazione scientifica, all’interno di un libro che analizza il mondo dei giovani. Insomma il tema continua a essere di grande interesse, tanto da diventare oggetto di tesi. Chiariamolo subito: nemmeno Sara Michelini è riuscita a trovare una soluzione. «Il mio vuole essere un umile contributo su una situazione ampia e complessa. Ho analizzato le posizioni delle varie parti e la conclusione è una: c’è mancanza di confronto e ognuno si arrocca sulla propria posizione. In quasi un anno di lavoro ho intervistato 19 “opinion leader”: organizzatori di eventi, referenti universitari, confesercenti, sindaco, assessore, rettore, questore, comandante della polizia locale, giornalisti e altri ancora. Grazie a quelle testimonianze ho provato a ricostruire, almeno in parte, il puzzle. E voi giornalisti avete avuto e avrete un ruolo fondamentale». Il perché è presto spiegato: ecco alcuni punti centrali della tesi, citati e riassunti.  

LA TESI (SINTESI)

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Il ruolo dei mass media.
Chi può avviare e portare a compimento l’impresa di mediazione tra le varie parti in conflitto? Ovvero, chi è il mediatore sociale? L’identikit è di una figura totalmente neutrale, equidistante: ovvero i mass media, quotidiani in primis. «Pensando all’Adige - aggiunge la neo dottoressa - cito la campagna #Trentoègiovane, che è stata un momento di confronto fondamentale. Tuttavia devo anche dire, pur capendo il vostro lavoro, che a volte bisognerebbe evitare di enfatizzare gli aspetti negativi. O, meglio, evidenziare con altrettanta forza, nei titoli, quelli positivi. Credo che i giornali debbano essere un “luogo” di terzietà fisico e virtuale, un’incubatrice di problemi e bisogni». Il confronto, costante, è la soluzione per risolvere i confitti esistenti, che probabilmente non verranno mai superati del tutto, ma che potranno comunque essere smussati. 

Buonamovida e malamovida.
Bisogna sempre saper distinguere tra movida, intesa come divertimento, attività giovanile, incontro, e malamovida, ovvero fenomeni di degrado e microcriminalità. Anzi, la buonamovida è una medicina per sconfiggere la malamovida. 

Università e vita notturna.
Come spiegare la conflittualità emersa in relazione alla questione della Movida a Trento? Prima di tutto bisogna evidenziare la sua diretta correlazione con la graduale conquista da parte della città dell’appellativo di “universitaria”. Se nei primi anni di attività l’Università è stata spesso percepita dai cittadini come elemento di provocazione e di disturbo sino al deterioramento del rapporto con la popolazione, nel corso dei decenni la città ha imparato ad apprezzarne il fondamentale contributo in termini di sviluppo culturale, economico e sociale. Ad oggi, il rapporto dell’Università con il territorio è centrale: al 31 dicembre 2013, su una popolazione residente a Trento pari a 117.285 abitanti, risultavano iscritti ai corsi di laurea e diploma ben 15.029 studenti. Questi numeri hanno cambiato l’aspetto della città, con l’apertura di ristoranti, bar, centri culturali e sportivi, frequentati soprattutto da studenti. 

Conclusioni: la città è di tutti.
Ognuno ha il “diritto alla città”. Una strada percorribile per uscire dai conflitti è data dalle linee guida della mediazione sociale: riflettere sulle singole responsabilità, sui doveri, sulle mancanze e sulle potenzialità di ognuno, oltre che agire sul piano degli interessi e delle aree di mediabilità, come basi per la costituzione di una comunità partecipante.

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