«Ho sentito il coltello pungere la gola» Il drammatico racconto del tassista rapinato
«Lo vedi questo? Adesso stai zitto che altrimenti ti buca da una parte all’altra
«Lo vedi questo? Adesso stai zitto che altrimenti ti buca da una parte all’altra».
Ricorda ancora quegli attimi, quelle parole, il tassista trentino che nella notte del 29 giugno è stato rapinato da Marek Ferko, 30enne slovacco e Davide Milazzo, 44enne torinese entrambi da tempo residente a Trento. Ricorda perfino la sensazione della lama sulla pelle: «Avevo sentito qualcosa che mi pungeva sul collo: pensavo ad un insetto, poi ho allungato la mano e ho sentito il coltello».
Lunghi, lunghissimi minuti di paura quelli che ha dovuto vivere prima di avere il sangue freddo di fingere un malore e riuscire a scendere dall’auto.
Tutto era cominciato davanti alla stazione ferroviaria, in piena notte. «Quando ho visto quei due avvicinarsi al mio taxi ho chiesto loro se avessero bisogno. Era da parecchio che si facevano vedere qui e so che erano saliti più volte su altri taxi. Tra colleghi se ci sono problemi con dei clienti ce lo diciamo e su quei due nessuno aveva mai segnalato qualcosa, se non che erano degli sbandati. Spesso chiedevano spiccioli o di cambiare banconote ma nulla di più. Quindi li ho fatti salire».
Da quel momento per il tassista è iniziato l’incubo. Anche se dapprima nulla poteva far pensare a quello che sarebbe poi accaduto: «Mi hanno detto di portarli alla Torre 5 di Madonna Bianca. Una volta arrivati uno dei due, cortesissimo, mi ha detto che non aveva i soldi e che avrebbe dovuto salire a casa per prendere il denaro. È sceso ed è tornato dopo nemmeno tre minuti. A quel punto mi sono insospettito perché era stato davvero troppo rapido nel salire in casa. Mi ha detto che la moglie non c’era e che era da un’amica alla torre 14».
Un escamotage dei rapinatori per entrare nel vivo del loro piano: «Ho rimesso in moto, inserito la retro e a quel punto ho sentito qualcosa che mi pungeva. Ho allungato la mano per allontanare quello che credevo fosse un insetto ed ho sentito la lama. Mi sono voltato e ho visto il passeggero che era seduto dietro guardarmi e dirmi: “Lo vedi questo? Adesso stai zitto che altrimenti ti buca da una parte all’altra. Guida”. Così siamo andati fino alla chiesetta di San Rocco e lì mi hanno chiesto il telefono ed i soldi. Quattrocento euro, quasi tutto fondo cassa che avevo, quella sera avrò fatto 150 euro circa di incasso vero. Mi hanno preso anche un anello, ricordo di mia nonna. A quel punto mi hanno detto di scendere, lasciare le chiavi e andarmene. Ho spiegato loro che con la macchina non sarebbero andati lontano, che era a metano e che di notte i distributori sono chiusi. Così mi hanno detto di guidare, fin dove saremmo andati avanti con la benzina. Sono sceso da via Conci poi fino al McDonald’s. Mi hanno fatto andare verso il casello di Trento sud. A quel punto in fondo al cavalcaferrovia ho visto il Marinaio. Sapevo che è aperto tutta la notte. C’era una macchina dietro di noi: ho pensato anche di inchiodare e di farmi tamponare, poi mi è venuto in mente di fingere il malore. Mi sono piegato in avanti sul volante, ho sfilato le chiavi dal quadro, sono uscito e corso verso la macchina che seguiva la mia, e poi al Marinaio a dire di chiamare le forze dell’ordine. Li ho visti solo scappare. E quando sono tornato in macchina ho trovato il coltello: l’avevano lasciato sul sedile».
Poi, i giorni delle indagini, con il certosino lavoro della polizia agevolato anche dalle indicazioni degli stessi tassisti: «Domenica (il 3 luglio, ndr) uno dei due rapinatori (il 30enne, ndr) lo abbiamo visto proprio qui in stazione. È salito sul taxi di un nostro collega, al che abbiamo subito chiamato la polizia e seguito il collega dopo averlo avvisato via telefono. Il rapinatore gli aveva chiesto di andare alle Torri, forse voleva colpire ancora ma è stato bloccato prima dagli agenti».
La chiosa del tassista è amara: «Qui davanti alla stazione siamo soli. In balia dei balordi soprattutto nei turni di notte quando anche gli agenti della polfer non ci sono. In balia di mascalzoni che se va male ci rapinano, se va bene si mettono a bucarsi tra le colonne e le nostre auto, facendo scappare i possibili clienti».