Crollo delle nascite e nuove politiche di welfare Come potrebbero cambiare gli asili nido
Dibattito aperto nel mondo politico ed educativo provinciale
Da una parte ci sono i numeri, freddi ma oggettivi: in Trentino le nascite sono in calo da cinque anni consecutivi (dai 5.102 del 2010 ai 4.533 del 2015). Questo implica che le domande per l'accesso agli asili nido siano sempre meno: nel comune di Trento, ad esempio, si è passati dalle 842 del 2012 alle 701 del 2016. Ciò fa sì che la percentuale di richieste soddisfatte sia in aumento e entro qualche anno si arriverà al 100% di risposte affermative. Un dato, quest'ultimo, senza dubbio positivo, ma che nasconde delle possibili problematiche future. Alla luce dei numeri, entra in scena il ruolo della politica che, oltre a pensare all'oggi, è chiamata ad avere una visione del futuro, ad analizzarlo, comprenderlo e a proporre le soluzioni per non farsi cogliere impreparati. Si tratta, in fin dei conti, del discorso inverso rispetto alle Rsa: in quel caso, considerato che la popolazione invecchia, si è pensato a una serie di azioni e soluzioni utili (se valide lo dirà il tempo) non tanto per l'immediato quanto per il futuro.
Passando dagli anziani ai neonati, il tema si pone ugualmente. E alcune questioni «storiche» che riguardano gli asili nido potrebbero essere rimesse in discussione. Prima di tutto l'aspetto economico: considerato che la valenza educativa di queste strutture è fuori discussione, perché continua a essere un servizio a pagamento, e non (più o meno) gratuito come l'istruzione scolastica? Inoltre c'è il problema delle tariffe: più un bimbo è piccolo più costa. Poi, crescendo, le spese diminuiscono. Però un bambino nei primi anni di vita costa già parecchio ai genitori, tra pannolini, vestiti, «attrezzature» (biberon e ciucci), latte in polvere e, se va al nido, la tariffa è più alta rispetto a materne, elementari, medie e superiori.
La natalità.
Dopo il picco del 2004, con 5.172 nascite in provincia, un lento e inesorabile calo, con l'esclusione del 2008, quando i neonati furono 5.169. Analizzando solo gli ultimi cinque anni si nota chiaramente il trend: 5.102 fiocchi azzurri o rosa nel 2010 ai 4.985 del 2011, 4.894 del 2012, 4.687 del 2013, 4.580 del 2014 fino ad arrivare al minimo di 4.533 del 2015.
I nidi a Trento.
Nel Comune di Trento sono disponibili 24 strutture, di cui 7 a gestione diretta e 17 appaltate a cooperative sociali. I posti disponibili sono cresciuti nell'ultimo anno fino ad arrivare al numero record di 1.176, di cui 986 a tempo pieno e 190 part time. A fronte di questo il numero di domande ricevute è in quasi costante calo: si è passati da 842 bambini «richiedenti asilo» (niente a che vedere con questioni migratorie) nel 2012 a 772 nel 2013, 712 nel 2014, 720 nel 2015 e 701 nel 2016. Questo ha fatto sì che il numero di esclusi sia sempre minore e che la percentuale di richieste soddisfatte si stia avvicinando inesorabilmente al 100%: nel 2015, infatti, è stato toccato il 95,4% di famiglie «accontentate».
I lavoratori.
Non è possibile stilare un numero preciso delle persone occupate nell'ambito degli asili nido, comprendendo educatori (in realtà educatrici), personale ausiliario, cuochi, pedagogisti. I parametri sono provinciali e prevedono una maestra ogni sei bambini (per i più piccoli) e una ogni nove per i più grandi.
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L'ASSESSORE MAULE
«Il confronto con la Provincia sul tema degli asili nido è costante e il dialogo serrato. Nei prossimi mesi potrebbero esserci delle novità. Per noi la parola d'ordine è qualità: intendiamo salvaguardarla ad ogni costo perché riteniamo i nidi un luogo educativo e di sostegno alle famiglie fondamentale». L'assessore comunale Chiara Maule ha ben chiara la situazione degli asili nido in città: strutture belle e funzionali, con personale qualificato, che ormai, visto il calo demografico, diventano accessibili a tutti.
Assessore, lei ha parlato di un luogo educativo e siamo d'accordo: ma allora perché non è gratuito come le scuole dell'obbligo?
«In linea teorica sarebbe giusto, ma è difficile paragonare i nidi al resto del sistema scolastico, visto che sono nati solo negli ultimi venti o trenta anni. Però, in un periodo di scarse risorse, credo sia impossibile promettere o dire che si andrà in quella direzione. Poi non dimentichiamo che, con l'inserimento del tetto e dell'Icef siamo uno dei Comuni in Italia dove si paga meno».
Forse i cittadini preferirebbero una rotatoria in meno e tariffe più basse o più educatori negli asili?
«Anche questo è vero. Qualcosa, forse, sarà possibile limare ma credo che il punto sia mantenere altissima la qualità. Tutto sommato, dato 100 il costo di un bimbo all'asilo, 50 lo paga la Provincia, 25 il Comune e solo l'ultimo 25 la famiglia».
Meno nascite e meno bimbi: siete preoccupati? O comunque è necessario cambiare qualcosa nell'organizzazione della prima infanzia?
«Dobbiamo tenerne conto ma senza alcun allarme. Quest'anno, con l'esternalizzazione del nido di Villazzano Tre e la costruzione di quello di Martignano chiudiamo un ciclo. Non prevediamo nuove strutture, puntiamo a tenere alto il livello delle esistenti».
FRANCO IANESELLI DELLA CGIL
Calo delle nascite, funzione degli asili, costi, welfare e politiche sociali. Temi che interessano da vicino anche i sindacati, attivi in un costante confronto con la Provincia, che ha portato nei giorni scorsi alla sottoscrizione di un protocollo che prevede un non taglio delle risorse. E, di questi tempi, già questa è una bella notizia.
Franco Ianeselli, sempre meno bambini anche in Trentino: questo cosa comporta?
«È una tendenza negativa che ha varie implicazioni. Prima di tutto bisogna considerare che i giovani vogliono fare figli, ma devono fare i conti con problemi economici, di precarietà e di conciliazione. Le scelte sono singole, ma spesso derivano da fattori esterni e quindi le politiche pubbliche devono intervenire. Poi c’è una riflessione sociale: la popolazione invecchia e si fatica a garantire nuove forze lavoro. E allora subentrano tematiche come il welfare, i flussi migratori, l’età di pensionamento».
L’unico dato positivo è forse che le famiglie non si sentono più rispondere no alla richiesta di un posto al nido.
«È vero ma è una positività apparente, perché nasconde vari problemi. Poi entrando all’asilo si pone la questione delle politiche tariffarie, che pesano molto sulle famiglie nei primi anni di vita del bambino, per poi subire un drastico abbattimento: crediamo sarebbe equo riuscire a spalmare nel tempo quelle cifre. Già alla materna le cifre sono molto più basse e la gran parte è dovuta al prolungamento d’orario, che però è praticamente obbligatorio per due genitori che lavorano».
Il ruolo dei nidi è fondamentale, perché?
«Lo dicono centinaia di studi scientifici: nel percorso educativo e formativo di un bambino i due anni di asilo sono importantissimi: permettono di sconfiggere le disuguaglianze sociali, promuovono l’occupazione femminile, sia delle mamme, che evitano la scelta di abbandonare l’occupazione, sia delle educatrici. Si parla di università di qualità, ma bisognerebbe parlare anche di nidi di qualità».
Quali idee per il futuro?
«Ad esempio so che si sta sviluppando l’idea di fornire un servizio a tutte le mamme nei primi sei mesi di vita del neonato, ovvero interventi diretti dell’ostetrica a casa delle puerpere, per aiuti e consigli concreti in una fase delicata. Oggi si fa ma è volontario, auspico che possa diventare un meccanismo automatico».