Lavarone, arrivano 24 profughe La Lega: decisione calata dall'alto
Le giovani nigeriane saranno ospitate nella «Casa di Santa Elisabetta». Cittadini divisi nell'assemblea pubblica. Il sindaco: «Non possiamo non accoglierle». Fugatti: «Gli abitanti non sono stati coinvolti»
In arrivo 24 profughe nigeriane a Lavarone. Le ragazze, tutte dai 18 ai 24 anni, che parlano inglese e sono di religione cristiana, saranno ospitate nella «Casa di Santa Elisabetta» nella frazione Cappella di Lavarone, per un periodo di circa 18 mesi. Alle suore verrà pagato un affitto. Per ciascuna ragazza presente è prevista, a livello nazionale, una spesa di 34 euro al giorno (denaro necessario per il cibo e le spese della cooperativa chiamata a gestire le richiedenti asilo).
Ieir sera si è tenuta una animata assemblea pubblica al centro congressi a cui hanno parttecipato, fgra gli altri, l'assessore provinciale Luca Zeni e il sindaco Isacco Corradi. Fra il pubblico, composto, è emersa più di una perplessità.
Sull'argomento - considerato molto caldo (ricordiamo le barricate fatte dagli abitanti di Gorino che a fine ottobre hanno respinto qualsiasi ipotesi di accoglienza di 12 donne profughe) - interviene oggi il consigliere provinciale della Lega Nord Trentino Maurizio Fugatti.
Il trasferimento a Lavarone delle giovani nigeriane richiedenti asilo - dice - è una decisione presa dall’alto e calata sulla testa dei cittadini. «Tale decisione - prosegue - parrebbe avere trovato numerose perplessità tra gli abitanti del Comune, che dichiarano di non essere stati coinvolti nella decisione e di subire una scelta calata dall’alto. I timori sono anche quelli di un futuro aumento del numero di profughi ospitati in quanto in altri casi in provincia così è avvenuto».
«Tale scelta - conclude - non collima nemmeno con le tante prese di posizione dell’assessore competente che ha sempre dichiarato di preferire piccoli raggruppamenti di profughi in appartamenti, rispetto alle strutture di medie grandi dimensioni come parrebbe essere quella in oggetto».
«Tutti i comuni - dcie il sindaco Isacco Corradi - devono fare la loro parte. E anche noi a Lavarone facciamo la nostra. Da tempo avevamo quindi dato la nostra disponibilità alla Provincia per accogliere queste persone e, pur comprendendo le perplessità di tipo sociale, questa è la cosa giusta da fare».
Corradi non nasconde le difficoltà: «È naturale che in una piccola comunità come la nostra, in cui qualsiasi cambiamento minimo è vissuto in maniera collettiva, questo arrivo possa creare delle tensioni, ma si tratta di un progetto tranquillo, di facile gestione, e sia Cinformi che la Provincia sono dalla nostra parte in ogni momento».
«Da un anno - precisa l’assessore Luca Zeni - avevamo invitato i comuni di aiutarci a trovare soluzioni abitative per i richiedenti asilo che, lo ricordo, è nostro dovere istituzionale accogliere. In Trentino deve arrivare lo 0,9 per cento degli arrivi nazionali, per un totale di circa 1400 persone».
Le ragazze faranno corsi di lingua e cultura italiana e percorsi lavorativi con il supporto della Croce Rossa e di altre associazioni.
«Dovranno - spiega Pierluigi La Spada, di Cinformi - contribuire alla gestione della casa e seguire percorsi di formazione e tutto questo potrà essere importante per il loro futuro. Inoltre potranno dare il loro contributo in termini di volontariato così da essere d’aiuto per la comunità».
Il timore di una fetta degli abitanti dell’altopiano è che queste ragazze siano una parte di un «contingente più ampio», che potrebbe allargarsi grazie ai ricongiungimenti familiari, ipotesi che Corradi smentisce categoricamente: «Questo è un numero consistente e per nessuna ragione è destinato ad aumentare».
E infine: «È assurdo che ci siano resistenze proprio in questo luogo: noi stessi, all’inizio della Grande Guerra. siamo stati profughi. L’intera popolazione dell’Altopiano fu fatta sgomberare e i paesi di Lavarone, Folgaria e Luserna furono svuotati: prima di arrivare ai campi, la nostra gente ha dovuto contare sulla generosità di chi l’ha accolta, di chi ha aperto la porta di casa. Questo non può essere dimenticato nel giro di un paio di generazioni».