Suicida in carcere giovane della Vallagarina Era accusato del rogo all'Agip di Rovereto
Era accusato del rogo all'Agip di Rovereto
Si è suicidato in carcere Luca Soricelli, il 35enne della Vallagarina, arrestato martedì scorso con l’accusa di aver dato fuoco al distributore di benzina Eni Agip di via Cavour a Rovereto, distrutto dal rogo attorno alle 2.30 di notte.
Soricelli si è suicidato nel cuore della notte mentre il suo compagno di cella, un giovane italiano, dormiva. Tutto è accaduto rapidamente, secondo quanto si è appreso, senza che né l’altro detenuto né il sorvegliante di turno, che ha molte celle da tenere soto controllo, si rendessero conto di nulla.
«È stato fatto di tutto per soccorrere il detenuto - spiega il comandante della polizia penitenziaria del carcere di Trento, Daniele Cutugno - in attesa dell’arrivo dei sanitari del 118 il nostro personale ha praticato la respirazione artificiale e il massaggio cardiaco. Purtroppo non è bastato per salvargli la vita».
La procura di Trento, come di prassi in questi casi, ha aperto un fascicolo, è stata disposta l’ispezione cadaverica esterna che non ha rilevato segni che possano far pensare a dinamiche diverse dal suicidio escludendo il coinvolgimento di terzi.
L’impressione è che si tratti di una tragedia che affonda le sue radici nella psiche del detenuto, non nuovo a problemi di natura mentale.
Si tratta del quarto suicidio avvenuto nel carcere di Spini dall’apertura, sei anni fa.
Il nuovo, tragico episodio, ripropone fra l’altro la questione della pesante carenza di personale di polizia nel penitenziario di Trento.
«Un detenuto che si toglie la vita in carcere - commenta Donato Capece, segretario generale del Sindacato autonomo polizia penitenziaria Sappe - è sempre una sconfitta per lo Stato.
Questo nuovo drammatico suicidio di un altro detenuto evidenzia come i problemi sociali e umani permangono, eccome!, nei penitenziari, lasciando isolato il personale di Polizia Penitenziaria (che purtroppo non ha potuto impedire il grave evento) a gestire queste situazioni di emergenza. Il suicidio è spesso la causa più comune di morte nelle carceri.
Gli istituti penitenziari hanno l’obbligo di preservare la salute e la sicurezza dei detenuti, e l’Italia è certamente all’avanguardia per quanto concerne la normativa finalizzata a prevenire questi gravi eventi critici.
Ma il suicidio di un detenuto rappresenta un forte agente stressogeno per il personale di polizia e per gli altri detenuti. Per queste ragioni un programma di prevenzione del suicidio e l’organizzazione di un servizio d’intervento efficace sono misure utili non solo per i detenuti ma anche per l’intero istituto dove questi vengono implementati. È proprio in questo contesto che viene affrontato il problema della prevenzione del suicidio nel nostro Paese. Ma ciò non impedisce, purtroppo, che vi siano ristretti che scelgano liberamente di togliersi la vita durante la detenzione.
Negli ultimi 20 anni le donne e gli uomini della polizia penitenziaria hanno sventato, nelle carceri del Paese, più di 20mila tentati suicidi – 20.263 - ed impedito che quasi 142 mila atti di autolesionismo potessero avere nefaste conseguenze.
Il dato oggettivo è che la situazione nelle carceri resta allarmante, nonostante la Polizia Penitenziaria vi operi quotidianamente con professionalità ed umanità e le polemiche sterili e strumentali di taluni», conclude Capece.