Lo schianto, il coma, la ripresa e l'amputazione
Un mese di coma, quattro trascorsi immobile a letto, tre di ricovero per la riabilitazione, poi l’amputazione di un piede: ma la vita va avanti
La vita di Maurizio Menta, 33 anni, proprietario del ristorante Uva e Menta di via Dietro le Mura e dell’omonimo bar, è radicalmente cambiata nell’ottobre del 2015 quando, scendendo con la vela da speedfly dal Monte Baldo, si è schiantato a terra fratturandosi i due piedi, tre vertebre, otto costole e lo sterno.
Dopo un mese di coma, quattro trascorsi immobile a letto, tre di ricovero per la riabilitazione, due mesi fa Maurizio ha subito un intervento per l’amputazione di un piede. [[{"type":"media","view_mode":"media_preview","fid":"1535326","attributes":{"alt":"","class":"media-image","height":"180","style":"float: right;","width":"180"}}]]
Una tragedia? Certo, un duro colpo per questo ragazzo dai mille interessi, ma anche un’opportunità. Sì perché nel momento forse più buio e difficile della sua vita Maurizio non ha mai perso la voglia di farcela, di ritornare a volare e riprendere in mano la sua attività. Non solo: tra le mura dell’ospedale Maurizio ha trovato l’amore. Un’infermiera, Cinzia, con la quale oggi convive. L’esperienza lo ha poi profondamente cambiato. Gli ha permesso di vedere la vita con altri occhi e di apprezzare cose che prima dava per scontate.
Ma torniamo all’incidente, a quel tragico volo. «Colpa del vento, la vela si è chiusa e si è poi riaperta a 90° verso il basso. Sono precipitato per una ventina di metri. Secondi nei quali mi sono potuto rendere conto di quanto mi stava accadendo, fino alla schianto a terra», racconta mentre è seduto nel suo locale.
«Mi hanno soccorso con l’elicottero, ricoverato in rianimazione e tenuto quasi un mese in coma farmacologico. I medici non sapevano se e come ne sarei uscito perché avevo sbattuto anche la testa».
Di quei giorni di coma Maurizio ricorda sogni pazzeschi: dai voli nello spazio alla gestione di un locale in Spagna. «Sembravo tutto vero», sorride. Poi i mesi a letto per la frattura alle vertebre senza potersi mai alzare. «Quando a marzo ho potuto sedermi sul letto mi sembrava già un grandissimo passo avanti».
Questo ragazzo, che ha coraggio da vendere, ha subito diverse operazioni al piede destro. «Due mesi fa, a causa di un’infezione, ho deciso per l’amputazione. L’alternativa era subire altri quattro interventi senza la certezza che sarei riuscito a salvarlo. Due anni in carrozzina mi sono sembrati troppi. A trent’anni non potevo perdere troppo tempo e nonostante la contrarietà di alcuni medici e familiari, ho preferito optare per l’amputazione con la certezza che tra qualche mese potrò mettere una protesi e tornare a camminare, lavorare e fare sport».
Maurizio Menta non si sente un eroe per non aver mai perso la voglia di rialzarsi. «Ovvio che tra farmaci e dolore a volte la mattina mi sveglio e faccio fatica. Seduto su una sedia a rotelle tutto è più difficile, ma bisogna reagire e prendere in mano la situazione altrimenti era meglio non salvarsi. Dopo l’incidente do un valore diverso a tante cose». Le persone che gli sono state vicino sono sicuramente state determinanti per la sua rinascita.
«Quando ho aperto il ristorante, sei anni e mezzo fa, eravamo in quattro. Ora ho venti collaboratori, molti dei quali sono anche amici. Non mi hanno mai lasciato solo e sono stati bravissimi a portare avanti il locale durante tutti i mesi in cui sono stato assente. Hanno fatto di più di quello che era loro dovere e hanno gestito il locale in maniera perfetta. Si sono rivelate persone responsabili e a loro va tutta la mia gratitudine».
Quattro mesi all’ospedale, tre mesi al Villa Rosa che per per Maurizio non sono stati solo un rinascere dal punto di vista fisico. «Quando ero ricoverato in ortopedia ho conosciuto Cinzia. Era anche una cliente del ristorante che però io non ricordavo. Lei mi ha curato in reparto e poi veniva a trovarmi quando sono stato trasferito. Abbiamo iniziato a frequentarci anche fuori e oggi conviviamo. All’inizio non pensavo che potesse essere interessata a me con tutte le problematiche che avevo. Ha un bel coraggio, ma ne sono felice».
Maurizio ora guarda avanti. «La vita è una - dice - Questo è successo e questa è la realtà. Visto che indietro non posso tornare, devo guardare avanti. Non posso dire di essere contento di quanto mi è accaduto, ma ora ho sicuramente una visione del mondo diversa e mi ritengo comunque fortunato. È stata un’esperienza dura, ma mi ha dato tanto e mi fa vedere il mondo con un’ottica diversa. Ora voglio solo rimettermi a fare sport, paracadutismo e scalate. E poi voglio portare avanti il mio ristorante e bar con successo. Le sfide sono tante, il lavoro è stimolante. Mi basta poter continuare a lavorare bene e con soddisfazione come negli ultimi anni. Già fare una vita normale, per me, è qualcosa di speciale».