Furti negli ospedali a Rovereto, Arco e Tione In cella marito e moglie, arrestati a Mestre

Parecchi mesi fa era stato quasi un allarme. Niente che avesse destato grande scandalo, perché gli episodi erano tutto sommato piccoli.

Ma fastidiosi, davvero fastidiosi. Perché uno che è in ospedale, o in casa di riposo, ha altro a cui pensare.

Deve provare a star meglio, a trovare un suo equilibrio, a impegnarsi in cure e convalescenze che non sempre sono una passeggiata. Di sicuro, non si aspetta di diventare vittima di ladruncoli che approfittano di un momento di debolezza o di disattenzione per mettere le mani nelle borsette altrui o negli armadietti, allo scopo di lucrare qualche euro.

Eppure è accaduto. E forse accadrà ancora, ma certo non ad opera delle stesse persone: gli inquirenti hanno infatti individuato due persone - marito e moglie, coppietta solidale anche in queste incursioni - come responsabili di alcuni tra i furti avvenuti nei mesi scorsi proprio in corsia. Un'indagine partita da lontano che si è chiusa venerdì scorso, quando la squadra mobile di Venezia ha fermato i due e li ha arrestati, su ordinanza di custodia cautelare firmata dal giudice per l'indagine preliminare di Rovereto.

Impossibile dire che sono loro i responsabili di tutti i furti avvenuti negli ospedali della Provincia.

Per quello servono prove, indizi. Per ora la procura di Rovereto ha imputato alla coppietta quattro furti: uno alla Rsa di Tione, uno all'ospedale di Rovereto e due ad Arco. Per quelli si ritiene vi siano gli elementi sufficienti non solo per procedere, ma anche per una misura cautelare. Ora starà alla difesa portare elementi che confutino questo teorema.

Dell'inchiesta si sa ancora poco. Certo è il modus operandi. I due entravano nelle strutture di cura, mettevano la testa nelle stanze, e cercavano di capire quando c'era lo spazio per colpire. D'altronde non è difficile: spesso i malintenzionati si muovono con disinvoltura, chiunque può immaginare che si tratti semplicemente di un familiare che arriva a fare assistenza. Su questo contavano, i due. E arraffavano - secondo l'accusa - quel che potevano. In alcuni casi, senza nemmeno porsi il problema che ci fosse qualcuno nella stanza. Almeno in un caso la vittima se n'è resta conto, ha urlato, ha chiesto aiuto. Ma i due sono stati veloci a divincolarsi e a fuggire.

Gli episodi erano molteplici, spesso nemmeno denunciati. Poi, qualche settimana fa, la svolta. Alla Rsa di Tione era stato rubato un portafoglio, che conteneva anche il bancomat, con il codice. E lì c'è stato l'errore. Perché i carabinieri hanno controllato immediatamente i bancomat della zona.

Ed è spuntato il prelievo effettuato dai sospetti ladri. Loro non si vedevano, ma si vedeva l'auto: una Clio scura. Con tanto di targa in bella vista.

Ed ecco che un veloce controllo ha permesso ai carabinieri di individuare la proprietaria. Incrociando i dati al casellario, si è capito che la signora era nota alle forze dell'ordine. Ecco perché i carabinieri hanno continuato l'indagine su di lei e, a quel punto, sul marito: si trattava di una copia - T.G, 46 anni originario di Milano lui e D.A., 51 anni genovese lei - in questo momento residenti in Veneto.

Ricostruendo i passi dei due, le forze dell'ordine sono riuscite a raccogliere elementi per imputare loro - naturalmente secondo la ricostruzione della procura - quattro furti tra Rovereto, Tione e Arco. Da qui la richiesta di misura cautelare, che il pm ha chiesto al giudice per l'indagine preliminare. E il Gip ha firmato l'ordinanza.

I due sono stati visti dalla squadra mobile venerdì, mentre passeggiavano in centro a Mestre. Riconosciuti, sono stati fermati e arrestati. Ora sono in carcere a Venezia. Dovranno rispondere del reato di furto aggravato in concorso e indebito utilizzo di carte di credito.

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