Sanità, nel 2016 834mila visite con il Rao Ecco i tempi di attesa per ogni prestazione
Meno male si sta più si aspetta. E se si ritiene che il medico si sbagli non assegnando una priorità Rao e il dolore sia preoccupante e insopportabile si può comunque mettere mano al portafoglio e «saltare la fila», affidandosi alle visite in libera professione.
L’azienda sanitaria ha fornito una serie di tabelle che riguardano i tempi di attesa dei pazienti. Estrapolare dei dati non è facile, perché le variabili sono molte: prima di tutto la presenza o meno del cosiddetto codice Rao. Se il medico di base lo prescrive allo specialista i tempi di attesa sono minimi: si va da 1 giorno di media nel 2016 per i 12.032 che hanno presentato un Rao A ai 5 per i 57.803 che hanno un Rao B. In totale l’anno scorso sono state prenotate con Rao 834.010 visite. Indicativamente un paziente su dieci in media accede alle prestazioni a pagamento.
LA TABELLA RIASSUNTIVA DEL 2016
I dati riguardano la mediana dei tempi d’attesa, ovvero il valore intermedio fra gli estremi di una successione finita di valori. L’attesa più lunga, 42 giorni, riguarda la colonscopia. Al secondo posto, con 29 giorni, troviamo una visita di chirurgia vascolare. Rapidissimi, invece, i tempi per un elettrocardiogramma: 7 giorni.
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TEMPI DI ATTESA NEL PRIMO TRIMESTRE 2017 SENZA RAO
Nel monitoraggio (da quest’anno il sistema è nuovo e quindi sarà difficile un confronto esatto con gli anni precedenti) sono state considerate 22 tipologie di prestazioni, che rappresentano l’80% di tutte quelle prenotate. Il tempo di attesa medio più alto è per la colonscopia (95 giorni) mentre quello più basso è per la radiografia ossea e delle articolazioni (10 giorni). In totale le prestazioni sono state 73.617.
TEMPI DI ATTESA NEL PRIMO TRIMESTRE 2017 IN LIBERA PROFESSIONE
Le prestazioni monitorate sono state 14.322. In questo caso, rispetto ai dati di chi accetta il primo posto libero, i tempi sono più bassi. Le attese più lunghe riguardano le visite oculistiche e quelle dermatologiche.
LE PROTESTE DI CLAUDIO CIA
«Mentre a livello nazionale, nel periodo 2012-2015, la compartecipazione alla spesa per prestazioni sanitarie (Ticket) è in calo in ogni annualità considerata (diminuzione complessiva del 9,4%), nella Provincia di Trento si assiste ad un aumento complessivo del 19,2%. Il dato peggiore tra tutte le Regioni italiane. Interessante è osservare che l’aumento della spesa per il cittadino riguarda i ticket sulle prestazioni di specialistica ambulatoriale (+8,6%), i ticket sul pronto soccorso (+4,2%) e il ticket “voce residuale” che subisce una crescita di oltre l’800%. Se, poi, si guardano i ricavi per prestazioni sanitarie erogate in regime di intramoenia (attività di libera professione), si scopre che, mentre a livello nazionale c’è una diminuzione del 9%, nella Provincia Autonoma di Trento si registra un incremento del 12,4%, anche in questo caso l’aumento più alto tra tutte le regioni italiane (eccetto la Provincia di Bolzano). I dati dimostrano che sempre più cittadini, per dare risposta ai loro impellenti bisogni di cura, incompatibili con le lunghissime liste di attesa, sono costretti a ricorrere alla libera professione, pagando di tasca propria le mancanze della sanità trentina».
LA POSIZIONE DELLA PROVINCIA
La Provincia ribatte che il Trentino è stata una delle ultime regioni a introdurre la compartecipazione e con cifre più basse rispetto al resto d’Italia. Per quanto riguarda le visite, sono cresciute sia quelle in libera professione (da 112 mila nel 2014 a 140 mila nel 2016) sia quelle in regime istituzionale (da 1.098.569 nel 2014 a 1.121.890 nel 2016