«Mentana show sull'autonomia trentina» Andreotti: «Ha dato il peggio di sè» L'ex presidente: «Diamoci una mossa»
Chi tocca l’autonomia trentina muore o quasi. Diciamo che si ferisce gravemente. Era successo nel 2012 a Gian Antonio Stella, firma del giornalismo italiano, famoso per aver scritto il libro «La Casta» assieme al collega Sergio Rizzo e celebre in Trentino per le sue due pagine di inchiesta sui privilegi della politica provinciale e regionale.
È successo ad Enrico Mentana che, ospite del Festival delle Resistenze, ha «bestemmiato in chiesa» (parole del direttore del Tg La7) criticando l’autonomia speciale. Un’intervento, il suo, applaudito da una folta platea di giovani, presenti sotto il tendone allestito dalla Provincia autonoma in piazza Battisti a Trento.
LE PAROLE DI MENTANA
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Enrico Mentana al Festival delle Resistenze a Trento
«Duole dirlo qui in Trentino, ma le regioni e Province a Statuto speciale non hanno più senso. Ci sono state delle condizioni storiche che hanno determinato queste autonomia: il multilinguismo, le minoranze. Ma dagli anni Settanta, con le regioni elettive, sarebbe ragionevole che l’autonomia l’avessero o tutte o nessuna».
LA REAZIONE DELL’EX PRESIDENTE
Dalle pagine dell’Adige Carlo Andreotti, ex giornalista Rai (come Mentana) e soprattutto ex presidente della Provincia di fede autonomista, ha attaccato il «Chicco nazionale».
Lo ha fatto citando le parole della linguista Federica Ricci Garotti che, sempre sul nostro giornale, non le aveva mandate a dire.
«IL VUOTO ASSOLUTO E INCONSISTENZA POLITICA»»
Ecco cosa ha scritto Andreotti:
«L’entrata a gamba tesa di “mitraglietta Mentana” (così era soprannominato l’ex riccioluto pupillo di Bettino Craxi) al festival delle Resistenze a Trento ha suscitato una piccola (troppo piccola) bufera nell’ambiente politico, lasciando purtroppo indifferente gran parte dell’opinione pubblica.
È toccato ancora una volta a una trentina di adozione, la professoressa Federica Ricci Garotti, attraverso le pagine dell’Adige, mettere a nudo tutta l’impreparazione, l’inconsistenza politica, le assurdità e le contraddizioni del divetto televisivo. Enrico Mentana a Trento ha dato indubbiamente il meglio di sé come "show man" e il peggio in assoluto come opinionista».
I GIOVANI STANNO CON LUI
«A sorprendere quindi non sono state tanto le sue esternazioni, quanto le reazioni dell’uditorio che si è spellato le mani ad applaudire la sequela di luoghi comuni, spesso contraddittori, snocciolata con incredibile supponenza. Chi ha cercato di contraddirlo è stato zittito in modo a dir poco arrogante».
SARA FERRARI PRESENTE MA ASSENTE
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L'assessore provinciale Sara Ferrari era presente all'incontro con Mentana
«Mi sento addirittura di spezzare una lancia a difesa dell’assessore (con la «e» finale, prego) Sara Ferrari che a detta dei cronisti si è fatta piccina sulla sedia, quasi a volersi nascondere. Sprovveduta e superficiale a invitare cotanto relatore, ma le va dato atto che se fosse intervenuta sarebbe stata massacrata anche lei fra gli applausi deliranti di quei giovani che dal Festival avrebbero dovuto trarre utili indicazioni per la propria crescita culturale e morale e che invece se ne sono andati via inconsapevolmente più poveri e disinformati di prima.
Tutto negativo e da buttare quindi quello che è accaduto domenica in piazza Battisti? Assolutamente no, perché serva ad aprirci gli occhi. Pur con tutta la sua supponenza e superficialità Enrico Mentana ha detto a Trento quello che quasi tutta Italia pensa della nostra autonomia: un privilegio anacronistico che va abolito».
LA CRITICA POLITICA
«La pensa così anche la stragrande maggioranza dei parlamentari, quelli che dovrebbero (Dio ce ne scampi e liberi) riformare il nostro statuto di Autonomia, senza alcuna clausola di salvaguardia.
La cosa più preoccupante del “Mentana show”, non sono perciò tanto le cose che ha detto, ma gli applausi a scena aperta che ha ricevuto. Dire che un ragazzo di Verona non ha nulla di diverso da uno di Trento, oltre che cosa ovvia è anche una banalità. In termini di principio neppure un ragazzo del Burkina Faso, del Senegal, della Nigeria, della Tunisia, come della Germania, della Svizzera, del Giappone, degli Usa ha alcunché di diverso rispetto a uno di Trento. Diversa però, molto diversa, è la sua identità, vale a dire la sua cultura, la sua formazione, la sua concezione della vita, l’ambiente in cui è nato e cresciuto, la sua educazione, la sua visione dei problemi non solo locali, il suo sentirsi parte integrante di una storia, di una tradizione, di un territorio, di tradizioni secolari, di un modo di concepire la vita e la convivenza su quel territorio che va amato e rispettato. In una parola i valori che porta dentro di sé, a cominciare dalla sua lingua che sintetizza tutto questo. Come ha ragione Federica Ricci Garotti quando afferma che “un popolo che perde la propria identità è un popolo in balia dei più beceri maestri della violenza e del populismo ... pericolosissima bomba a orologeria per la convivenza civile e pacifica!”»
IL SENSO DELL’AUTONOMIA
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«Scagliarsi contro Mentana dunque è giusto, ma assolutamente improduttivo se non si ha la capacità di riflettere sul perché il suo messaggio negativo abbia riscosso tanti applausi. Significa che «il senso dell’Autonomia del Trentino è ormai andato perduto nella comunità che ne riconosce solo il vantaggio finanziario», che i nostri giovani non sono abituati all’Autonomia, che non ne conoscono principi, valori, significato. Credo che se ai tanti giovani presenti al «Mentana show» fosse stato chiesto «che cosa è l’autonomia?» nessuno avrebbe saputo rispondere. Probabilmente neppure lo stesso Mentana. Ecco perché urge correre ai ripari. Perché bisogna impegnarsi a diffondere fra i nostri giovani una nuova cultura dell’Autonomia per poi esportarla anche nel resto d’Italia, a cominciare dalle regioni vicine che su questo tema sembrano paradossalmente addirittura più avanti di noi come Lombardia e Veneto in particolare ci insegnano».
L’AUTONOMIA NON È VERAMENTE IN PERICOLO
«È pur vero che per toglierci l’Autonomia il governo dovrebbe affrontare più difficoltà di quelle che comporta la Brexit. Davvero c’è qualcuno che pensa che lo Stato centrale voglia riprendersi le strade statali? Riaprire in regione gli uffici dell’Anas? Le case cantoniere? Riprendersi le competenze sulla scuola (non solo gli insegnanti, ma anche le strutture)? Sulla sanità? Sull’agricoltura, l’industria, il commercio, l’ambiente, il turismo, i trasporti, l’energia, la motorizzazione civile, gli enti locali? Persino l’orchestra Haydn? Più facile a dirsi che a farsi. E poi basta con la storia delle risorse. Il ritorno dei nove decimi di quello che produciamo in termini di gettito è ormai solo un lontano ricordo, anche se è vero che dobbiamo in ogni caso essere sempre più virtuosi».
«DIAMOCI UNA MOSSA»
[[{"type":"media","view_mode":"media_preview","fid":"1628621","attributes":{"alt":"","class":"media-image","height":"180","width":"180"}}]]«E allora anziché stracciarsi le vesti di fronte a Mentana - scrive Andreotti (nella foto) - diamoci una mossa. Da una quindicina di anni ad esempio esiste un legge provinciale che introduce l’insegnamento della storia trentina (in buona sostanza la storia plurisecolare dell’ Autonomia) nella nostra scuola. Legge mai attuata e rimasta nel cassetto per mancanza, si dice, di insegnanti e di libri di testo. Il recente intervento della professoressa Federica Ricci Gadotti (come precedenti altri suoi scritti) stanno lì a dimostrare il contrario come dimostrano, ahimè, che per avere un buon insegnante di Autonomia dobbiamo ricorrere a risorse esterne.
Ci sarebbe anche da meditare sul perché della scarsa partecipazione popolare al progetto di riforma dello Statuto. Evidentemente non si sono sapute creare emozioni, con temi forti e innovativi quale avrebbe potuto essere quello sull’autodeterminazione. Una riforma «burocratica» desta sempre scarso interesse».
«FATE QUALCOSA DI AUTONOMISTA»
Se il governo provinciale, parafrasando un celebre motto di Nanni Moretti, volesse fare davvero «qualcosa di autonomista» potrebbe farlo senza grosse difficoltà. Ma evidentemente in questi anni è stato in tutt’altre faccende affaccendato. C’è tempo per correre ai ripari. Ma occorre farlo con urgenza e determinazione prima che sia troppo tardi e che dalla sera alla mattina ci si trovi incorporati nel Veneto, o peggio divisi a metà, con il Trentino orientale in Veneto e quello occidentale in Lombardia».