«Lo schianto e poi le fiamme alte» Parla Giuliani, l'autista sopravvissuto
È sopravvissuto all’inferno della A21. Ha sentito una botta fortissima, quella del mezzo finito contro la cisterna piena di benzina che stava guidando. Si è salvato grazie all’istinto, l’istinto di sopravvivenza. Gianni Giuliani, 48 anni di Romagnano, non ha smesso un attimo di pensare alla famiglia e al camionista rimasti intrappolati tra il fuoco e le lamiere. Sono sei le vittime del tamponamento a catena accaduto martedì alle 14.20 poco prima del casello di Brescia sud.
Giuliani è la settimana persona coinvolta nello schianto. È lui il «miracolato», l’autista riuscito a scampare al disastro. «Nell’arco di due secondi è successo tutto: il tamponamento, poi il principio d’incendio e le fiamme alte». Come in un incubo, Giuliani è sfuggito alle lingue di fuoco che velocemente hanno avvolto la vettura con a bordo cinque turisti (ci sono anche due bimbi fra le vittime) e il furgone che l’ha tamponato, e ha dato l’allarme agli automobilisti che lo precedevano in coda. «Sto bene - spiega - a parte una leggera botta alla gamba».
Giuliani, lei è rimasto ferito nell’incidente?
«No, sono finito contro qualcosa, ho sbattuto la gamba. Ma una cosa da niente. Non mi sono fatto neppure medicare. Fisicamente sto bene. Ma sono ancora sotto shock»
Può raccontarci cosa è successo?
«Tutto ciò che è stato detto in merito alla dinamica corrisponde al vero. Ma c’è un’indagine in corso ed io vorrei evitare di parlare di quanto è accaduto».
Ha capito subito ciò che stava accadendo? Lei è riuscito a scappare da quell’inferno di fiamme...
«Ho sentito il colpo, forte, del mezzo che mi ha tamponato. In questi casi bisogna cercare di mettere in sicurezza se stessi e gli altri, agire il meglio che si può».
Fa un lavoro doppiamente pericoloso: oltre ad essere sempre sulla strada, trasporta carburante. Il suo lavoro nasce da una passione per i mezzi pesanti o si è trovato a svolgere questa professione per altri motivi?
«Ho sempre fatto questo mestiere: è da quasi 28 anni che guido, lo faccio con passione».
Quando si è reso conto di essere «miracolato»?
«Nell’arco di due secondi è successo tutto. Dal tamponamento, al principio d’incendio, alle fiamme alte. Sul “miracolo” ci ho ragionato dopo: ho potuto slacciare la cintura che indossavo, aprire la portiera ed uscire dall’abitacolo. Non ho preso nulla con me: con le fiamme alle porte, non mi è venuto in mente di portare via il telefono o i documenti. Infatti sono rimasto senza nulla»
Dopo il terribile schianto, lei è stato portato via dai soccorritori?
«Sono rimasto lì. Mi hanno chiesto se volevo andare in ospedale, ma stavo bene e ho detto di no. Ho preferito stare sul luogo dell’incidente. Mi hanno visitato sull’ambulanza. Fisicamente non ho avuto conseguenze, a parte un piccolo problema alla gamba: nello scendere, mi sono impigliato in qualcosa nella cabina. Ma è una sciocchezza, sono cose che capitano. Infatti cammino tranquillamente».
La notizia del drammatico incidente si è diffusa molto rapidamente. È stato lei ad avvertire sua moglie ed i suoi figli che stava bene?
«Sì. Ho chiamato mia moglie e la mia ditta. Gli agenti della polizia stradale, che sono stati gentilissimi, mi hanno prestato il cellulare e mi hanno aiutato in tutto e per tutto».
La notte seguente è riuscito un po’ a riposare?
«Ho dormito poco. Devo ancora metabolizzare ciò che è accaduto. Ho visto le fiamme, i soccorsi, ma solo dopo ho capito che a me era andato tutto liscio, che sono potuto uscire dal veicolo senza intoppi, che le portiere non erano bloccate. Il fuoco in quegli istanti stava avanzando velocemente»
Lei conosceva bene quel tratto di strada?
«Sì, stavo rientrando a Trento dopo aver caricato la cisterna. Noi autisti siamo preparati, seguiamo corsi, sappiamo anticipare gli eventi. Ero a Cremona quando ho visto l’avviso di uscita obbligatoria a Brescia sud per un altro incidente: ero già in preallerta, sapevo che ad un certo punto avrei trovato colonna. Ho proceduto, dunque, tranquillamente, mi sono fermato».
Ora si prenderà qualche giorno di pausa?
«Certo, anche perché sono sprovvisto di documenti, della patente professionale, di tutto (ieri mattina è andato dai carabinieri a presentare denuncia di distruzione dei documenti, ndr). E, dopo una botta del genere, devo stare un po’ tranquillo. La sera dell’incidente è venuto il mio titolare a prendermi a Brescia. Si è subito attivato, assieme a tutta la mia azienda (la Firmin di Lavis, ndr)».
Sono sei le vittime di questo drammatico incidente...
«Il mio pensiero va alla famiglia distrutta e al camionista. Sono morti tutti. Ho una famiglia anch’io: non oso immaginare il dolore che possono provare i loro parenti».