Hörmann deve restare in carcere Il giudice: «È pericoloso»
Ivan Hörmann, il 48enne di Mezzolombardo accusato di tentato omicidio, sequestro di persona e porto abusivo di armi, resta in cella. La custodia cautelare in carcere, infatti, per il giudice - che ha sciolto la riserva - appare come l'unica misura idonea per contenere la pericolosità dell'uomo e il rischio di recidiva. Una decisione, quella del gip Marco La Ganga - che venerdì aveva già convalidato l'arresto - che peraltro appare scontata in questa fase.
Rispondendo alle domande del giudice e del suo avvocato Andrea de Bertolini, Hörmann, in lacrime, giovedì ha ripetuto che non voleva uccidere,che cercava qualcuno che lo ascoltasse e risolvesse la sua situazione. Durante l'interrogatorio ha ripercorso la giornata di martedì, iniziata con l'ennesima richiesta di denaro. Un sollecito per il pagamento del canone di affitto, visto che - da ormai un anno e mezzo - l'appartamento in cui viveva non era più suo e una famiglia lo aveva acquistato legittimamente all'asta. Lo sfratto imminente - l'uomo doveva lasciare la casa entro il 23 gennaio - e quella nuova richiesta di denaro arrivata martedì mattina (la prima notifica con la richiesta degli arretrati era arrivata già in settembre), avrebbero fatto da miccia alle folli azioni dell'uomo. Una persona che, come lui stesso ha raccontato al giudice, si sentiva perseguitata. Ma quella mattina sarebbe uscito di casa - armato fino ai denti - non per fare del male a qualcuno, ma per cercare di trovare una soluzione per la sua vita. Una vita che stava andando a pezzi, segnata da difficoltà affettive, dalla fragilità psichica e dal disagio, senza un lavoro e con la prospettiva di trovarsi senza una casa in cui vivere, dopo che la cooperativa edilizia di cui era socio era fallita e i soldi versati per la caparra erano andati in fumo.
Ma è proprio la sproporzione fra la condotta di Hörmann e le motivazioni che - secondo il suo racconto - lo avrebbero spinto ad agire in quel modo, a fare ritenere al giudice che sia pericoloso e che dunque debba rimanere in carcere, come chiesto dal pm Pasquale Profiti. Martedì mattina, dopo essersi recato a Taio per parlare con i nuovi proprietari del suo appartamento (ma il capo famiglia non era in casa), il 48enne si era diretto a Caldonazzo con la sua Volto V50. Qui, raggiunto lo studio dei commercialisti Pola, aveva fatto irruzione nell'ufficio armato di pistola e coltello. Le armi, ha spiegato, dovevano servire per rafforzare la sua richiesta di ascolto e i due colpi a terra sarebbero stati esplosi per fare allontanare Rinaldo Pola, che con sangue freddo aveva cercato di avvicinarsi a lui. Ma c'è poi quel terzo colpo, quello esploso contro la moglie, Lori Gasperi, che ha raccontato di avere visto la P38 puntata in sua direzione e di essersi lanciata indietro.
Il proiettile, per fortuna, si è conficcato in un mobile e non ha colpito la donna, ma quel colpo è valso al 48enne la più pesante delle accuse: tanto omicidio. Un colpo che, però, l'uomo dice di non ricordare di avere esploso. Sarà ora una perizia balistica a dire se quel colpo fosse davvero diretto contro la donna o se sia partito accidentalmente, nella concitazione del momento. Ma certo, un altro dei «nodi» da sciogliere in questo procedimento penale, riguarda anche le condizioni di salute dell'uomo.
Una volta uscito da Caldonazzo, come noto, Hörmann era risalito in macchina, diretto in val di Non, per parlare con i proprietari di casa. Ma a Taio c'erano già i carabinieri ad attenderlo. E così, dopo sei ore, e un nuovo tentativo di fuga, per lui era scattato l'arresto.