Corruzione tra privati, un problema anche in Trentino: lo studio eCrime
La corruzione tra privati è un problema emergente all’interno dei Paesi europei. Il problema lambisce, pur se in maniera marginale, anche le imprese trentine.
Lo dimostra lo studio condotto all’interno della provincia di Trento su un campione di circa duemila imprese, che è stato presentato oggi alla facoltà di Giurisprudenza dell’Università di Trento.
Finanziato con circa 500.000 euro dalla Commissione europea il progetto, denominato «Pcb - the Private corruption barometer», è un sistema europeo di misurazione della corruzione nel settore privato frutto della collaborazione internazionale coordinata da eCrime.
Secondo quanto emerge dallo studio, il 10% degli imprenditori della provincia di Trento ritiene che spesso o molto spesso le imprese offrano denaro, favori e regali ad altri imprenditori per assicurarsi favori in futuro. Per il 12%, i responsabili acquisti delle imprese realizzano spesso o molto spesso acquisti presso amici o parenti. Il 10% degli imprenditori intervistati ritiene che siano frequenti i casi in cui un responsabile degli acquisti di un’impresa riceva denaro, regali o favori da un’altra impresa per la realizzazione di un’acquisto/ordine.
Circa il 9%, infine, ritiene frequente che imprese intermediarie suggeriscano offerte meno vantaggiose intascando parte dei guadagni ottenuti. Circa il 43% degli intervistati ritiene che raramente il coinvolgimento di un dipendente di un’impresa in un caso di corruzione abbia ripercussioni sulla carriera dello stesso, mentre il 42% crede che sia raro che questo coinvolgimento implichi un danno di immagine all’impresa stessa.
Per il 60% è raro che chi chiede o riceve una tangente sia effettivamente scoperto.
Sembrano infine mancare i sistemi di sanzione: secondo circa il 57% degli intervistati, chi chiede o riceve una tangente non viene effettivamente sanzionato. Il 26% delle imprese appartenenti ai servizi ritiene che il conflitto di interessi in Trentino incida in maniera negativa sulla libera concorrenza. Della stessa opinione sono il 33% degli intervistati nel settore ristorazione/alberghiero e il 20% dell’industria e del commercio al dettaglio/ingrosso.