Vive in Italia da 18 anni, è a rischio espulsione Ha studiato a Trento ma «non è integrato»: stop al rinnovo del permesso di soggiorno
Ha studiato in Trentino e trascorso più della metà della sua vita in Italia, ma la richiesta di rinnovo del permesso di soggiorno presentata per motivi di «attesa occupazione» è stata rigettata dal questore. A nulla è valso rivolgersi al Tar: i giudici amministrativi hanno respinto il ricorso del giovane, nato in Marocco, evidenziando che da tempo è entrato «nella condizione di uomo adulto, non dipendente dai genitori» e che, comunque, «non è integrato nel contesto sociale», nonostante abbia frequentato nella nostra provincia le elementari, le medie e l'istituto professionale, per poi lavorare per un periodo come operaio in una ditta e in cava. Inoltre per un lungo periodo, dal 2011 al 2016, non avrebbe mai documentato «redditi sufficienti al sostentamento». Insomma, il ventinovenne - per i giudici - ha sia l'età che la capacità per trovare un impiego e rendersi indipendente, senza tirare in ballo l'aiuto di papà (che, per altro, non avrebbe un reddito tale da potersi permettere il mantenimento del figlio).
Senza un lavoro il rinnovo del permesso di soggiorno è a rischio: è quanto prevede la normativa per gli stranieri che non hanno un'occupazione che garantisca loro di vivere in condizioni dignitose in Italia. Normativa che è stata applicata anche nei confronti di un ventinovenne nato in Marocco che vive da oltre 18 anni in Trentino, dove negli anni Ottanta si trasferì suo padre per lavoro e dove la madre arrivò con un permesso si soggiorno per ricongiungimento familiare nel 2001, portando con sé i figli. Anche se il padre ora ha un permesso di soggiorno di lungo periodo e la sorella nel frattempo è diventata cittadina italiana, il ventinovenne rischia di doversene tornare in Marocco.
Il giovane, che prima ha presentato istanza di annullamento in autotutela del provvedimento del questore e poi ricorso al Tar, si è appellato all'applicazione del decreto legislativo 286 del 1998 che impone di tenere in considerazione i legami familiari anche nel caso, come in suo, in cui non c'è una convivenza. Lo stesso decreto che prevede anche per i cittadini stranieri il mantenimento dei figli da parte dei genitori dopo la maggior età e fino al raggiungimento dell'indipendenza economica. Il ricorrente voleva far intendere ai giudici che, anche se non ha un'occupazione stabile, c'è sempre il padre pronto a dargli una mano.
I giudici del Tar evidenziano tuttavia che il giovane «non è un neo-diciottenne ancora in possesso di un permesso di soggiorno per motivi familiari e comunque non ha chiesto il rinnovo del permesso di soggiorno per motivi familiari, trattandosi nel suo caso della decima istanza di rinnovo per motivi di lavoro o di attesa occupazione». Nella sentenza si legge che «emblematiche della sua scarsa integrazione appaiono sia la sentenza del Tribunale di Trento in data 22 febbraio 2010 (divenuta irrevocabile il 9 aprile 2010), con la quale è stato condannato alla pena della reclusione per anni uno e mesi otto e alla pena della multa di 400.00 euro per il reato di concorso in rapina continuato, sia la circostanza (parimenti non contestata) che i suoi contratti di lavoro sono cessati per dimissioni o per il mancato superamento del periodo di prova». Secondo i giudici amministrativi, dall'analisi delle esperienze lavorative del ricorrente «si evince come alcune di esse siano strettamente funzionali al rinnovo del permesso di soggiorno». Il ricorso è stato quindi respinto perché infondato.