Raccolta abiti usati: cassonetti abusivi, affari d'oro sfruttando immigrati come manodopera
Hanno raccolto per mesi vestiti usati senza alcuna autorizzazione, per poi rivenderli nel Nord Africa. Non lo facevano a scopo benefico come pubblicizzato nei volantini, ma per ricavarne un facile guadagno sfruttando anche - e soprattutto - la manodopera di stranieri irregolari pagati tre euro l’ora.
Sono dieci le persone indagate nell’ambito dell’operazione sul caporalato «Stracci d’oro», condotta dalla polizia di Cremona. In carcere sono finiti un tunisino e due marocchini. L’indagine, che ha coinvolto le province di Cremona, Como, Bergamo e Reggio Emilia, ha portato gli investigatori fino in Trentino: è a Cles che sono stati fermati nel corso di un controllo stradale ed identificati alcuni stranieri che, giunti a bordo di furgoni, si occupavano di svuotare le «campane» per la raccolta di vestiti. Si tratta di cassonetti non autorizzati, che la banda sistemava ai lati delle strade, spesso vicino a grandi parcheggi di supermercati o centri commerciali, specificando che si trattava di una raccolta abiti a cura di un’associazione benefica. Nessuno si sarebbe mai lamentato per la presenza di quelle «campane» destinate agli indumenti, anzi: a fronte di un’iniziativa solidale (così era scritto nei volantini) sono state parecchie le persone che hanno conferito lì i vestiti non più utilizzati. Capitava pure che la raccolta avvenisse a domicilio.
L’indagine è partita da un drammatico incidente stradale, avvenuto nell’aprile dello scorso anno in provincia di Cremona, quando un furgone si ribaltò in un fosso. Persero la vita il conducente e un richiedente asilo che era a bordo. L’autista venne successivamente individuato come uno dei membri della «banda» di sfruttatori. Ai lavoratori, tutti stranieri e spesso irregolari, veniva corrisposta una retribuzione di 3 euro l’ora.
Gli indumenti venivano portati in depositi presi in affitto tra Bergamo, Reggio Emilia, Como e Cremona, stoccati dai lavoratori irregolari e poi caricati in container diretti in Tunisia. Uno dei carichi scoperti dagli investigatori era composto da 20mila kg di vestiti, del valore di pochi centesimi al chilo, rivenduti sui mercati del nord Africa a un prezzo 30-40 volte superiore, per un guadagno di circa 150mila euro a container.